Juan Jesus – Francesco Acerbi: giustizia (?) sportiva. Due pesi, due misure
Juan Jesus deve essere radiato. Ho detto il falso. Ha infangato un onesto, corretto e valente atleta come Francesco Acerbi. Il difensore napoletano ha accusato l’atleta milanese (di nascita e di militanza) di averlo apostrofato con la parola “negro”. Accusa infamante. Tanto è vero che il giudice sportivo di Serie A ha deciso di non procedere per mancanza di prove sufficienti a provare l’accusa razzista dell’atleta dell’Inter.
Questo perché mentre in un procedimento penale nella giustizia ordinaria è la pubblica accusa a documentare la colpevolezza dell’imputato, nella giustizia sportiva è l’imputato che è chiamato a provare la sua innocenza.
Non ci sono prove. Eppure, ogni partita è seguita da decine di telecamere che provano anche se un giocatore si soffia il naso con le mani o si aggiusta i “cabbasisi” per dirla alla Montalbano. Strano che nella partita Inter – Napoli non ci sia alcuna immagine che riprenda l’alterco tra i due atleti.
Credo che forse sarebbe stato necessario fare il test alcolemico al difensore del Napoli, perché solo così si può spiegare la sua “infondata” ed infamante accusa. O quanto meno far disporre per l’atleta partenopeo un Tso, un trattamento sanitario obbligatorio, perché fuori di testa.
Ipocrisia. La giornata di campionato che ha visto contro Inter e Napoli, era la prima delle due che la Lega Serie A e l’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri) hanno voluto promuovere per richiamare l’attenzione contro il razzismo in ogni sua forma, sia sui campi di calcio che nella società. “Keep Racism Out. Together. Everywhere” il mantra dell’iniziativa. E meno male che era una giornata particolare.
Qualche domanda sorge spontanea. Perché Juan Jesus è andato dall’arbitro a riferire di essere stato offeso da Acerbi? Perché Acerbi si è scusato? Perché si sono chiariti prima di entrare negli spogliatoi? Cosa avevano da chiarirsi? Cosa aveva da scusarsi il giocatore dell’Inter se non aveva proferito offese?
Diceva Pio XI : “A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina”. Incipit ripreso da Divo Giulio. Acerbi dopo essersi consultato con i legali della società ha chiarito che non aveva detto “negro” ma “ti faccio nero”. Ma va la?!?!
Nella prossima giornata di Serie A valida per il 30° turno del campionato 2023/24 andrà in scena la seconda parte dell’iniziativa “Keep racism out” voluta dalla Lega Serie A, una campagna andata in scena nell’ultimo turno prima della sosta e che caratterizzerà anche la prossima giornata di campionato.
C’è una differenza sostanziale tra la giustizia sportiva e quella ordinaria ed è che, in un processo penale è la pubblica accusa a dover dimostrare la colpevolezza dell’imputato, mentre in campo sportivo è quest’ultimo a dover dimostrare la propria innocenza.
Pierre de Coubertin, fondatore dei giochi olimpici diceva che lo sport è sinonimo di pace e progresso, di audacia e giustizia, di onore e gloria. Oggi lo sport, calcio compreso, è solo un business che obbedisce alla logica dell’economia, e perché no, della politica.
Il Codice della giustizia sportiva stabilisce che le società rispondono anche del comportamento del singolo tesserato. Commenti? Nessuno!
La giustizia sportiva è equa? Ci viene qualche dubbio. Qualche precedente. Nel 2021 il Tribunale Federale Nazionale squalifica per 10 giornate, Claudio Santini, attaccante del Padova, per frasi razziste rispetto al calciatore della Sambenedettese Shaka Mawuli. Il Padova contesta la squalifica e laCorte Federale d’Appello conferma la condanna. Il Padova adduceva a difesa del suo tesserato che erano stati ascoltati solo testimoni di parte. A proposito di proposte di squalifica, sul sito della Fgci si legge: “Il fatto contestato può essere ritenuto provato anche se il quadro probatorio sia formato dalle sole dichiarazioni della persona offesa, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità della presenza di riscontri esterni (cfr. Cass. pen., Sezione 5, 13 febbraio 2020, n. 12920; Sezioni unite, 19 luglio 2012, n. 41461; CFA Sezione IV, n. 66-2019/2020; Sezione I, n. 118-2019/2020) a condizione che siano positivamente verificate la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità intrinseca del suo racconto”.
E non è il solo caso, infatti, Marconi, attaccante del Pisa (serie B), venne condannato per aver rivolto offese razziste nei confronti di Joel Obi del Chievo. Anche in questo caso, le giornate di squalifica furono 10.
Ci chiediamo: due pesi e due misure? Juan Jesus non è attendibile? Ha detto il falso? Che senso hanno iniziative contro le discriminazioni razziali quando sono gli stessi organi federali e la giustizia sportiva a fare come gli struzzi.
Il Napoli ha diffuso un comunicato stampa: “”Il signor Acerbi non è stato sanzionato. A questo punto il colpevole dovrebbe, per la “giustizia” sportiva, essere Juan Jesus, che avrebbe accusato un collega ingiustamente. Non è ragionevole pensare che abbia capito male. Il principio di maggiore probabilità di un evento, ampiamente visibile dalla dinamica dei fatti e dalle sue scuse in campo, che nella giustizia sportiva è preso in considerazione, scompare in questa sentenza. Restiamo basiti. Inoltre, se quanto accaduto in campo, lo dice la sentenza, “è sicuramente compatibile con l’espressione di offese rivolte…dal calciatore interista, e non disconosciute nel loro tenore offensivo e minaccioso dal medesimo”, perché non irrogare a quest’ultimo alcuna sanzione? Perché, poi, lo dice sempre la sentenza, “essendo raggiunta sicuramente la prova dell’offesa”, nessuna decisione è stata assunta dalla “giustizia” sportiva al riguardo per punire il responsabile? Restiamo ancor più basiti. Il Napoli non aderirà più a iniziative di mera facciata delle istituzioni calcistiche contro il razzismo e le discriminazioni, continueremo a farle da soli, come abbiamo sempre fatto, con rinnovata convinzione e determinazione”.
Stefano Canciello
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