Quella consapevolezza e di dire no alla mafia.

31 anni fa la strage di via d’Amelio a Palermo una strage dove perse la vita il giudice Paolo borsellino e la sua scorta classificata come un attentato di mafia si è scoperto che c’era una connessione tra lo Stato e la mafia per mettere a tacere un giudice -57 giorni prima era stato ucciso a Capaci Giovanni Falcone-e quella magistratura che aveva dato un duro colpo alle organizzazioni criminali di Palermo e della Sicilia con il maxi processo che determinò la decapitazione dei clan e capimafia. Questo “peccato“, questo ardire determinò la furia della mafia che colpì duramente con la morte di due giudici esemplari ed integerrimi. In particolare con la strage di via d’Amelio ci fu la prova che i servizi segreti erano in associazione con la mafia, la sparizione della borsa dell’auto del giudice che conteneva la famosa “ Agenda rossa“ dove erano scritti e appuntati nomi, luoghi e persone e gli intrecci che c’erano tra mafiosi il rappresentanti istituzionali. Con la con la morte di giudice borsellino in quel 19 luglio del 1992 e si diede il via a un processo di consapevolezza e di riconquista morale, etica e sociale che in più di trent’anni ha creato coscienze forti che hanno portato la gente con coraggio a manifestare e denunciare soprusi, favoritismi e dare un brutto colpo all’illegalità diffusa nell’istituzioni e nella vita quotidiana. Falcone e Borsellino in questi anni sono diventati figure coniche che insieme tante altre hanno accompagnato questo cammino verso la legalità in senso pieno e concreto.

Antonio Trillicoso