Appuntamento con la Storia…intervistiamo il Capo di Stato Maggiore della Campania della Guardia di Finanza, il colonnello Giovanni Reccia. Due volte al mese il colonnello, originario di Grumo Nevano, ci parlerà delle sue ricerche storiche.

Cominciamo con quella di oggi, le interviste ad un interlocutore autorevole, il colonnello Giovanni Reccia, Capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza della Campania. L’ufficiale, grumese di nascita, si diletta, ma in maniera professionale, di ricerca storica. Nel corso di questi appuntamenti, a cadenza bisettimanale, affronteremo temi che il colonnello ha trattato nella sua numerosa produzione libraria, ma anche di argomenti che di volta in volta si presenteranno. Ringraziamo il Capo di Stato Maggiore regionale delle Fiamme Gialle per aver scelto la testata di Vitawebtv per le interviste. (GM)

Il Capo di Stato Maggiore della Guardia di FInanza della Campania Giovanni Reccia

GIOVANNI RECCIA è nato a Grumo Nevano nel 1967. Colonnello della Guardia di Finanza, è Capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza della Campania dal 2019 ed è stato Capo Ufficio Operazioni della Provincia di Firenze, Comandante Provinciale di Latina e del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche e Privacy. Laureato in Giurisprudenza, in Economia e Commercio, in Scienze Politiche ed in Scienze della Sicurezza Economico-Finanziaria, abilitato alla professione di Avvocato e di Revisore dei Conti, ha conseguito i master di II livello in “Consulenza Legislativa” presso l’ISLE della Presidenza del Consiglio dei ministri ed in “Strategia e Sicurezza Globale” presso l’Istituto Alti Studi Difesa di Roma. Nel settore dei beni culturali ha diretta esperienza operativa per aver svolto attività di polizia giudiziaria a tutela dei beni artistici ed archeologici presso i reparti di Ostuni (Brindisi), Napoli, Formia (Latina), Roma e Firenze. Ha collaborato con le riviste “Privacy&” di Milano, “Il Finanziere” di Roma, “Il Denaro”, “L’Archivio Storico delle Province Napoletane”, “La Terra delle Sirene” e la “Rassegna Storica dei Comuni” di Napoli, per le quali ha pubblicato vari articoli e studi di carattere giuridico-economico e storico. È membro della Società Napoletana di Storia Patria e dell’Istituto di Studi Atellani.

1)          Colonnello lei si diletta di ricerca storica, come le è nata questa passione?

Risale ai tempi del Liceo: ho frequentato il Classico “Durante” di Frattamaggiore e negli anni ’80 avevo una propensione verso la civiltà greca, soprattutto mi interessava scoprire il modo con cui erano diventati una cultura tanto elevata, cercandone le origini. Poi l’attività investigativa nella Guardia di Finanza ha fatto il resto! Nel senso che le indagini di polizia si traducono in ricerca delle prove per individuare i responsabili di un reato, ebbene la ricerca storica non è altro che la scoperta di documenti od oggetti che servono a stabilire come si sono effettivamente sviluppati certi eventi nel tempo: entrambi vanno alla ricerca di verità, giudiziaria e/o storica. Un buon investigatore di polizia può essere un buon ricercatore di storia e, secondo me, anche viceversa, ovviamente con molti studi alle spalle storici e giuridici.

2)          Da quanto tempo la coltiva?

Ormai sono quasi 30 anni. Era il 1996 quando pubblicai una piccola storia di Grumo Nevano, ma da allora non mi sono più fermato, anche se con tempi molto dilatati in ragione degli impegni lavorativi.

3)          La sfera delle sue ricerche è circoscritta al territorio dove ha vissuto la sua infanzia e dove opera oppure ha allargato gli orizzonti della sua ricerca?

Tendenzialmente è il territorio napoletano ed atellano oggetto delle mie ricerche e studi. Oltre il casale antico di Grumo di Napoli cui rimango sempre idealmente legato, da un lato, cerco di perseguire le linee genealogiche e sociali di famiglie napoletane come fatto per i Capasso, i Cirillo, i Fiorentino. In particolare, sono riuscito ad individuare la discendenza di Domenico Cirillo, patriota della Repubblica del 1799, che sembrava scomparsa. Ma altri studi sto approfondendo sulle famiglie di Pietro Giannone, di Michele Marino e di Masaniello. Sapere cosa è successo ai familiari di personaggi che hanno avuto un ruolo nella storia, positivo o negativo che sia, mi ha sempre colpito. Come scriveva nel Cinquecento Rabelais: <Piacesse a Dio che ciascuno conoscesse con certezza la propria genealogia dall’Arca di Noè fino ai giorni nostri! Io penso che parecchi sono oggi imperatori, re, duchi, principi e papi sulla terra, i quali discendono da qualche questuante o facchino. Come per converso molti sono accattoni, meschini e miserabili i quali discendono da sangue o lignaggio reale e imperiale>. Dall’altro, mi sono occupato delle origini linguistiche e numismatiche dell’antica città sannita di Atella Campana, nonché di Aversa, cercando di offrire spunti di riflessione storico-linguistiche e superando vecchie tesi che vengono sistematicamente riproposte sull’origine di Atella ed Aversa.

4)          Parliamo oggi di un suo libro appunto di ricerca storica sulla caserma Zanzur come nasce questo lavoro edito nel 2021?

Parallelamente alle ricerche campane, ho cercato di seguire anche la storia della Guardia di Finanza. Dopo aver scritto un volume sulla presenza del Corpo a Latina, ed uno sulla storia dell’informatica nella Guardia di Finanza, ho pensato che la Zanzur potesse essere un nuovo campo da approfondire. Sulla Guardia di Finanza a Napoli avevo già pubblicato un libro relativo al controllo economico e finanziario nei Casali storici di Napoli ed approfondire l’argomento specifico sulla Capitale del Sud Italia mi ha stimolato molto. Ero assente da Napoli da circa 16 anni, ritornarci e vedere i profondi cambiamenti avvenuti in città è stato esaltante. Da qui è nata l’idea di mettere insieme tutte le istituzioni napoletane operanti in ambito culturale e concentrare gli sforzi su di un percorso storico che abbracciasse Napoli con la Zanzur, ex Regia Dogana, ed i precedenti Soldati Doganali. Pertanto, con l’Università Federico II e Alfredo Buccaro è stata ricostruita, attraverso una riproduzione geo-iconografica, la struttura urbanistica dell’area del Piliero adiacente il porto. Con la Sovrintendenza, Giuliana Boenzi, Stefano Iavarone, Alessio Cuccaro e Tobia Di Ronza, sono stati analizzati gli aspetti archeologici dell’area su cui è sorta la Zanzur, i profili funzionali della Dogana rispetto al Porto di Napoli, nonché l’esame della struttura architettonica della Caserma a partire dalla sua fondazione. Alfredo De Luca ha poi proceduto all’esame e pubblicazione dei reperti archeologici conservati alla Zanzur frutto di sequestri da operazioni di polizia avvenuti negli anni, così come lo stesso Cuccaro ha esaminato la quadreria presente all’interno del Palazzo. Lo storico Vincenzo Cuomo ha evidenziato i motivi a base dell’assegnazione del nome Zanzur alla ex Regia Dogana. Come Guardia di Finanza ci siamo occupati di riscrivere la storia del Corpo a Napoli dalle origini sino ad oggi, mentre Giovanna Caridei dell’Archivio di Stato ha approfondito le funzioni delle napoleoniche Guardie dei Dazi Indiretti, precursori delle Guardie Doganali sorte con l’unità d’Italia. Ma alla realizzazione del volume hanno partecipato, con l’inserimento di carte, foto, documenti e mappe d’epoca, la Biblioteca Nazionale, l’Archivio Storico Municipale del Comune di Napoli, la Società Napoletana di Storia Patria.

5)          A che anno risale la costruzione di questo storico edificio, chi l’ha voluto e progettato?

Non abbiamo una data precisa di fondazione. Tuttavia, sappiamo che il 26 agosto del 1476 gli Aragonesi trasferiscono i Doganieri dalla Zavatteria sita al Mercato nella nuova Regia Dogana al Piliero. Il Palazzo viene realizzato inglobando una parte dell’esistente Arsenale di fondazione Angioina ed infatti sono visibili, all’interno ed all’esterno della Zanzur, gli archi dell’Arsenale e sono stati trovati capitelli angioini risalenti al 1416 circa. Potrebbe essere rintracciata la fondazione normanna dell’Arsenale ma sono necessari ulteriori approfondimenti.

6)          Il Corpo della Gdf nasce intorno al 1800, fino ad allora cosa ospitava questo storico immobile?

La Guardia di Finanza risale al 1774 con l’istituzione della Legione Truppe Leggere Sabaude, un Corpo votato al controllo confinario, poi confluito nelle Guardie Doganali istituite nel 1862. In Napoli invero furono costituite nel 1808 le Guardie dei Dazi Indiretti che pure confluirono successivamente nelle citate Guardie Doganali. Quelle dei Dazi Indiretti, create per volere di Gioacchino Murat, furono la vera novità nel panorama italiano poiché volte a perseguire i violatori del Fisco Regio e contrastare il contrabbando. Non solo, il Corpo si sviluppava in un contesto riformatore che abbracciava tutta l’Amministrazione Finanziaria, riordino che rimase tale anche con il ritorno dei Borboni. L’aspetto, tuttavia, più interessante è che le Guardie dei Dazi Indiretti sarebbero state formate da coloro che già svolgevano incarichi fiscali. Pertanto, confluirono in essi i soldati Doganali, delle Sbarre, di Campagna, degli Arrendamenti e tutti coloro che avevano un ruolo all’interno delle Dogane, risalendo a funzioni attribuite sin dal 1538. Così facendo si dava unità di funzioni e di struttura finanziaria al nuovo Corpo.

7)          Cosa ha scoperto rispetto a quanto superficialmente già si sapeva?

Le nuove indagini architettoniche hanno evidenziato l’esistenza della struttura in età angioina ed è stato ridefinito in maniera completa ed organica la tipologia e sistemazione degli archi originali del precedente Arsenale nella partizione inglobata nella Zanzur. La formazione della Piazza della Regia Dogana con la Fontana dei Delfini nel suo cento, poi scomparsa alla fine della II Guerra Mondiale. I capitelli angioini sono stati associati a similari presenti nella chiesa di Sant’Eligio, ma rimangono sconosciute le loro raffigurazioni trattandosi di figure antropomorfe. Non dobbiamo dimenticare che dal 1476 la funzione fiscale e doganale della Zanzur è senza soluzione di continuità, aspetto che in Napoli si rilevi soltanto nelle funzioni religiose espletate dalle chiese.

8)          Lei è arrivato alle Fiamme Gialle in Campania nel 2019, appena è giunto a Napoli ha pensato di raccogliere notizie sullo storico immobile?

Si, devo dire che ho trovato accoglimento ed entusiasmo nei colleghi dei Comandi Regionale Campania ed Interregionale dell’Italia Meridionale che mi hanno supportato nello sviluppo dell’idea. Peraltro, cercheremo di proseguire in tal senso con altre pubblicazioni e con una sala interna alla Zanzur da allestire come museo proprio per raccontare le nostre storie alla gente e far comprendere la nostra vicinanza ed apertura culturale ai cittadini napoletani.

Intervista raccolta da Giuseppe Maiello

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