Le interviste impossibili… Possibili: Padre Pio da Pietrelcina, lo sviluppo della “Capitanata” e i collegamenti ferroviari

Il “Santo Frate” sognava un treno collegato alla grande rete ferroviaria, e che permettesse ai pellegrini di raggiungere San Giovanni Rotondo

Il 20 giugno 1919, il giornalista Renato Trevisani, “inviato speciale” del quotidiano “Il Mattino” di Napoli, scrisse in seconda pagina un lungo articolo, riferendo del miracolo e della istantanea guarigione di Pasquale Di Chiara ad opera di un giovane frate cappuccino. Quello storico articolo, ripreso da altri giornali, diffuse la notizia di quel fatto prodigioso e di quel fraticello dapprima in Italia, poi in Europa ed in seguito nelle Americhe.

Da quel giorno, la vita di Padre Pio da Pietrelcina non fu più la stessa. Nel tempo, milioni di persone si recarono dal “Santo” sannita. Il sogno dello “Stigmatizzato”: un treno che colleghi San Giovanni Rotondo alla grande rete ferroviaria, consentendo ai pellegrini di ogni parte del mondo di giungere nel paese garganico. La Puglia, la Campania e il Molise: nei territori di queste tre Regioni, costituenti la “Provincia Religiosa di Sant’ Angelo e Padre Pio”, fondata nel 1555, sono dislocati i conventi in cui si realizzò l’articolato cammino religioso di frà Pio da Pietrelcina. Nel 1963, lo Stato italiano concesse al Molise l’autonomia regionale, distaccandolo dalla Regione Abruzzo. Si considerò la realizzazione di un collegamento ferroviario tra le città di Campobasso e Lucera. Il 3 marzo 1970, venne istituita la provincia di Isernia e tre mesi dopo, il 7 giugno dello stesso anno, il Molise ottenne il riconoscimento di Regione a Statuto Ordinario. I dibattiti politici e la storica occasione mancata di attivare un doppio collegamento, stradale e ferroviario, tra Foggia e Campobasso. La scelta di realizzare il solo collegamento stradale a scorrimento veloce tra la città del “Tavoliere” e il capoluogo molisano. L’importanza di avere nel territorio infrastrutture viarie, strade, ponti, viadotti e gallerie efficienti e sicure. A Roma, nel 2002, un nuovo progetto contemplante avanzati studi di fattibilità per la realizzazione di un moderno ed efficiente collegamento ferroviario tra le città di Lucera e Campobasso è stato depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In virtù della recente riattivazione della linea ferroviaria Foggia-Lucera, potrebbe essere realizzato il collegamento ferroviario tra Foggia e Campobasso, con reciprocità di sviluppo dei rispettivi territori regionali ivi compreso il confinante territorio dell’Alto Sannio, nella Regione Campania. Un treno a San Giovanni Rotondo potrebbe divenire realtà in proiezione dei nuovi tempi della storia.  

Nuovo appuntamento con Giuseppe Zingarelli, storico e ricercatore del Santo di Pietrelcina, che accetta di buon grado di rispondere alle nostre domande.

1 – Padre Pio sognava un treno che consentisse ai pellegrini di giungere a San Giovanni Rotondo?

È verissimo. Il “Santo Frate” sognava un treno collegato alla grande rete ferroviaria nazionale e che permettesse ai pellegrini di raggiungere San Giovanni Rotondo. Un treno che consentisse ai pellegrini di poter raggiungere al contempo, sulle alture garganiche, il paese, il Santuario di “Santa Maria delle Grazie” e l’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”. Ci teneva molto. La storia ci narra di fatti che, riportati nelle cronache del tempo, proiettarono Padre Pio e il piccolo convento di San Giovanni Rotondo, al centro di situazioni e di avvenimenti a volte difficili da gestire ed anche particolarmente turbolenti. Con milioni di persone che, nel corso del tempo, si recarono nel paesello posto sulle alture garganiche, Padre Pio molto spesso concentrava i suoi pensieri e le sue riflessioni sul collegamento ferroviario.

2 – Come si svolsero i fatti?

La storia ci narra di alcuni articoli giornalistici pubblicati su Padre Pio nel 1922. Alcune di queste pubblicazioni erano favorevoli al “Santo Cappuccino”, altre marcatamente contrarie, altre ancora furono talmente pungenti ed irriguardose da destare nei suoi confronti atteggiamenti di derisione e di pesante sarcasmo. Nel marzo del 1922, un giornalista che non scrisse il suo nome a firma del suo articolo, parlò sul “Corriere delle Puglie”, di una specie di santone che, in un paese isolato del Gargano, era riuscito ad attirare presso di sé, con grande astuzia, folle di visitatori, sulle quali esercitava un grande potere di suggestione. Si scrisse che, questo scaltro ed astuto “monaco”, con la sua ingegnosa “trovata” di annerirsi le mani con unguenti da lui abilmente studiati, millantando di averle entrambe “bucate” al centro, altro non desiderava in cuor suo che raggiungere con questa trovata il meschino fine di far conoscere al mondo lo sperduto e isolato paesello di San Giovanni Rotondo. A questa pubblicazione fecero seguito altri articoli giornalistici che, sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, al pari di quello citato, evidenziavano il fatto di avere a che fare con un religioso “impostore” e “truffaldino”.

3 – Pubblicazioni che cercarono di screditare al massimo Padre Pio.

Non solo di screditare e ridicolizzare Padre Pio, ma di deridere e ridicolizzare anche la piccolissima fraternità religiosa di San Giovanni Rotondo, ritenuta in un certo senso compartecipe, quindi complice, delle sue “millanterie” e delle sue “imposture”. Altri articoli giornalistici ebbero fortunatamente diverso tenore e furono a favore di San Pio. Un articolo pubblicato a Firenze, nella primavera del 1922, sul giornale “Italia Laica” da un certo Bertonte, riferì di alcuni fatti inspiegabili alla ragione umana, operati da un frate dotato di poteri eccezionali. In realtà, il giornalista Bertonte aveva ripreso un precedente articolo pubblicato sulla principale testata giornalistica della città di Firenze e cioè “La Nazione”, sfruttando il fatto che quell’articolo era stato pubblicato “anonimo”. L’articolo parlava di miracoli e di prodigi che un giovane religioso operava in un piccolo convento di un paesino sperduto della Puglia, sito sulle alture del “Monte Gargano” e che, una miriade di persone si recava dalla mattina alla sera, in quel paesino, sempre più attratte da quel religioso. Sempre nel 1922, un giornalista di San Giovanni Rotondo, il cui nome era Adelchi Fabbrocini, firmò un altro detonante articolo sul “Corriere delle Puglie”, parlando di un monaco che operava prodigi e che confortava e consolava molta gente dalle proprie sofferenze ed afflizioni spirituali.

4 – In sostanza, fu l’inizio della “missione terrena” di Padre Pio da Pietrelcina.

Il 1922 fu un anno in cui le pubblicazioni sul “Santo Frate”, altro non fecero che confermare il grande interesse e la grande curiosità a suo riguardo. Al punto da far comprendere che, quel consistente afflusso quotidiano di pellegrini verso San Giovanni Rotondo, non si sarebbe più arrestato. Molta umanità sarebbe stata attratta anche in futuro da quegli eventi miracolosi di cui si parlava in quelle stesse pubblicazioni. In realtà, fu un altro articolo giornalistico a far sì che la vita e le giornate di Padre Pio mutassero completamente. Un articolo che esplose dirompente in Italia e che, ripreso successivamente da altri giornali europei, fece conoscere Padre Pio dapprima diffusamente in Spagna e poi anche in Francia, in Germania, in Inghilterra ed in Irlanda. La notizia dall’Europa rimbalzò ulteriormente, diffondendosi anche nei Paesi del Sud America, in Brasile, in Argentina, fino a giungere in Uruguay ed in seguito a diffondersi anche negli Stati Uniti d’America. Quell’articolo, anche se scritto da mano umana, fu come se fosse stato ispirato da un disegno celeste e segnò l’inizio di una storia che condusse, continua e continuerà a condurre molta umanità da Padre Pio a San Giovanni Rotondo.

5 – Di che articolo si tratta?

Di un articolo scritto da Renato Trevisani, un giornalista del quotidiano “Il Mattino” di Napoli. L’articolo fu scritto il 20 giugno 1919. Si tratta di un articolo molto lungo, pubblicato nella seconda pagina de “Il Mattino” di quell’anno. L’articolo parlava di un frate che operava veri e propri miracoli. Renato Trevisani parlò diffusamente ed in modo particolareggiato di un miracolo al quale egli stesso ebbe modo di assistere personalmente. In altre parole, Renato Trevisani fu testimone oculare di quel miracolo.

6 – Quale prodigio operò Padre Pio?

Una guarigione istantanea. Renato Trevisani si era recato in quei giorni a San Giovanni Rotondo. Poiché le voci riguardanti un fraticello che operava miracoli e prodigi, continuavano a rimbalzare sempre più insistenti e controverse, Trevisani venne inviato dalla redazione del giornale per il quale lavorava, “Il Mattino” di Napoli, a San Giovanni Rotondo. Con il preciso compito di constatare quanto ci fosse di vero in quel che si diceva su quel frate, in riferimento ai suoi poteri di operare guarigioni. Mentre si trovava nel piccolissimo paesello garganico, in funzione diciamo così, di “investigatore”, Trevisani assistette alla guarigione di Pasquale Di Chiara, cancelliere della pretura di San Giovanni Rotondo.

7 – Si rese conto che era tutto vero e che non si trattava di invenzioni e di voci infondate.

Fu così. L’11 novembre 1918, mentre il Di Chiara partecipava ad una festa tenuta all’interno di un albergo di San Giovanni Rotondo, scivolando dalle scale dell’albergo, cadde rovinosamente. La gamba perse la sua funzionalità. Per tre mesi fu costretto a stare a letto, curato dal dottor Merla e dal dottor Giuva. Quando poté finalmente lasciare il letto, fu costretto a camminare con il bastone, al quale si sosteneva a fatica e con grande pena. La gamba non si piegava più ed era costretto sostanzialmente a trascinarla. In conseguenza di ciò, si stancava facilmente e non poteva quasi più camminare, neanche con l’ausilio del bastone. Dopo essere stato visitato dal dottor Bucci a Foggia, la gamba del Di Chiara venne sottoposta a molteplici radiografie. Le lastre confermarono tutte che l’arto del cancelliere sangiovannese era ormai lesionato irrimediabilmente e che, in sostanza, sarebbe rimasto a vita claudicante ed in quello stato penoso. Un giorno, Pasquale Di Chiara, accompagnato da due suoi amici, Michele Campanile e Benedetto Ventrella, si recò da Padre Pio. Il frate, vedendo il Di Chiara in quello stato, lo fissò e gli disse in dialetto pietrelcinese: “Uagliò, getta via il bastone!”. Il Di Chiara non comprese. Il frate glielo ripeté una seconda volta. Questa volta l’uomo capì cosa dovesse fare. Doveva lasciare il bastone. Era titubante. Non riteneva possibile abbandonare il suo sostegno. Sarebbe di nuovo caduto rovinosamente a terra, temendo conseguenze ancor più gravi per la sua già precaria situazione. Non sapendo cosa fare, si appoggiò al muro. Per la terza volta, Padre Pio gli ripeté: “Uagliò, ti ho detto, getta via il bastone!. Poi vattene a casa che camminerai!”. Il cancelliere continuava ad essere titubante. Sentiva di non avere la forza di gettare quel bastone. In quel momento il Di Chiara avvertì un forte calore alla gamba ed al piede. Il calore iniziò a propagarsi a tutta la sua persona. A quel punto, si decise. Gettò il bastone a terra. Era come impietrito. Iniziò a muovere la gamba e iniziò a camminare. Un primo passo, un secondo, un terzo passo. Iniziava a camminare bene. Non aveva più bisogno né del bastone, né abbisognava più del supporto dei suoi due amici. Questo miracolo, pubblicato da Renato Trevisani sul giornale “Il Mattino” di Napoli, dopo qualche giorno dalla sua pubblicazione, venne ripreso da altri giornali ed iniziò così a fare il giro d’Italia ed a diffondersi progressivamente. Questo miracolo, oltre che il Trevisani, ebbe anche altri testimoni oculari.

8 – Chi furono?

Il Procuratore del Re, del Tribunale di Lucera, in provincia di Foggia, il dottor Alessandro Mione. Due Consiglieri della Prefettura di Sanseverino, il dottor Angelo Dello Russo e il dottor Giura. Il vicepretore di San Giovanni Rotondo, Nicola Siena. Il Segretario della Regia Procura, dottor Luigi Trevisano.

9 – Quel 20 giugno 1919, quindi, segnò l’inizio di una storia che oggi è più viva che mai. 

Non solo. Quel giorno segnò soprattutto un nuovo inizio nella vita del “Santo di Pietrelcina”. Padre Pio in quel periodo dirigeva alcune figlie spirituali mediante corrispondenza epistolare. Scrivere lettere per la direzione spirituale lo impegnava non poco. Ma dal giorno in cui, per sua intercessione, Gesù miracolò Pasquale Di Chiara, Padre Pio non ebbe più molto tempo da dedicare alla sola corrispondenza epistolare dei suoi figli spirituali. Da quel giorno, Padre Pio iniziò a passare con maggiore frequenza dallo scrittoio al confessionale. Nel giro di qualche anno, pian piano, milioni di persone, di ogni cultura e ceto sociale, si diressero dal “Santo del Gargano” per confessarsi da lui ed a lui esporre problemi, ansie, preoccupazioni ed afflizioni di ogni genere. Gente di ogni estrazione sociale, taluni anche in stato di grande disperazione, giunse da ogni continente e con ogni mezzo da Padre Pio. In un certo senso, quel 20 giugno 1919, fu un giorno storico anche per l’intero territorio della provincia di Foggia.

10 – Perchè quella data si lega al territorio della Capitanata?

Perché da quel 20 giugno 1919, quel miracolo attivò un’affluenza sempre maggiore di pellegrini verso il territorio della provincia di Foggia e verso la città di Foggia, in direzione del paese di San Giovanni Rotondo. Quel miracolo operato da Padre Pio e riportato da Trevisani su “Il Mattino”, aprì una nuova pagina anche nella storia del territorio di Capitanata. L’ intera provincia di Foggia è una terra sacra. Oltre al Santuario di “Santa Maria delle Grazie”, a quasi 7 chilometri da Foggia, vi è il Santuario dedicato alla “Madonna dell’Incoronata”, realizzato in onore della “Santa Vergine”, in virtù dell’apparizione della Madonna al pastore Strazzacappa, avvenuta il 26 aprile dell’anno 1001. A Monte Sant’Angelo, sorge il più famoso Santuario ‘micaelico’ del mondo, realizzato in onore dell’Arcangelo Michele, unico Santuario al mondo ad essere stato benedetto direttamente per mano di San Michele Arcangelo. La “Capitanata” è “la Terra adottiva di Padre Pio”. Lo “Stigmatizzato”, che in quello sperduto paesino garganico, fu posto da Gesù per operare un preciso piano di salvezza delle anime nel mondo, molto si prodigò anche per il miglioramento di San Giovanni Rotondo.

11 – Un paese che, nell’anno in cui vi giunse, inviato dal Signore, contava poco più di quattro casette.

Proprio così. San Giovanni Rotondo nel 1916, anno in cui vi giunse Padre Pio, era il paese più povero dell’intero promontorio del Gargano.

12 – La sua grande illuminazione. Un ospedale a San Giovanni Rotondo.

Infatti. Padre Pio volle fortemente si costruisse, vicino al convento, un ospedale per la cura dei corpi malati, in quanto uno dei ‘nemici’ principali dell’uomo è la malattia, alcune delle quali non perdonano ed al cospetto delle quali, anche il più ricco e potente si sente sconfitto. La malattia, limite della condizione umana. Per tal motivo egli volle fortemente la “Casa Sollievo della Sofferenza” e per questa ragione Padre Pio diede all’ospedale quel nome. Un ospedale dove i medici e la medicina operassero al servizio del “sollievo” dei corpi malati. All’interno del suo ospedale, Padre Pio volle fin da subito, fossero la carità e l’amore a dover trionfare nella sua visione di cura, sostegno ed assistenza alla sofferenza non solo del corpo ma anche dello spirito della persona malata. Perché quando il corpo è malato, ancor più lo spirito umano geme e versa in una condizione di sofferenza, sconforto e solitudine, attraversando uno stato di profonda  desolazione. Padre Pio fu il committente unico di uno degli ospedali più conosciuti al mondo. Lo affidò alla carità. L’ospedale sorse dalla carità e tuttora affonda totalmente le sue radici nella carità. Fu la sua creatura. Quando espose il suo progetto di realizzare un ospedale nelle immediate vicinanze del convento, da taluni fu deriso e da altri fu anche preso per un ecclettico visionario. Altri ancora, non credettero affatto al suo progetto di realizzare un ospedale: “Ma cosa vuole fare questo frate? Costruire un ospedale nel deserto?”.

13 – Quell’ospedale costruito in un deserto, circondato dalla “rossiccia roccia garganica”, oggi è conosciuto in tutto il mondo.

Padre Pio vedeva chiaramente cose che sfuggono alla razionale comprensione degli uomini. La presenza di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, portò alla notorietà mondiale non solo il paesino garganico, ma anche l’intero territorio della provincia di Foggia. Era un grande sogno di Padre Pio si potesse realizzare un giorno, contemporaneamente alla costruzione dell’ospedale, un collegamento ferroviario che si snodasse in direzione di San Giovanni Rotondo e che consentisse ai pellegrini di raggiungere con il treno il “Santuario di Santa Maria delle Grazie” ed al contempo permettesse agli  ammalati di recarsi all’ospedale Casa “Sollievo della Sofferenza”.  

14 – Con la sua ininterrotta “missione” ultra cinquantennale a San Giovanni Rotondo e con la realizzazione dell’ ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”, Padre Pio contribuì, in un certo senso, ad inquadrare questioni legate al miglioramento dei collegamenti stradali e ferroviari, affinché i pellegrini potessero giungere da lui?

È proprio questo il nocciolo della questione. Padre Pio, già quando era in vita, sapeva perfettamente che senza adeguate vie di comunicazione, stradali e ferroviarie, il territorio della “Capitanata” non si sarebbe sviluppato adeguatamente. Infatti, il “Santo Cappuccino” chiamò a San Giovanni Rotondo il conte Giovanni Telfener, nato a Roma il 23 novembre 1892, affinché si occupasse principalmente anche della possibile realizzazione di un collegamento ferroviario. Il cui innesto si attuasse sul preesistente tronco ferroviario San Severo-Foggia. Il conte Telfener, su invito del “Santo Frate”, si trasferì nel paese garganico anche per collaborare alla realizzazione della costruzione dell’ospedale “Casa Sollievo”. Il conte Giovanni Telfener, era figlio del conte Giuseppe Telfener, nato a Foggia il 26 marzo 1839, in un palazzo di Via Arpi, nella zona storica di Foggia. Il conte Giuseppe Telfener era un ingegnere e di fatto, valutava fosse più opportuno e conveniente realizzare il collegamento ferroviario per San Giovanni Rotondo, partendo non da San Severo, ma dal tronco ferroviario Foggia-Lucera. L’ingegner Giuseppe Telfener voleva che il collegamento partisse dalla stazione di Foggia, in quanto tecnicamente più realizzabile. La cosa però gli fu impedita sia dai latifondisti dell’agro di Foggia, sia dai latifondisti dell’agro di Lucera. Per tal motivo l’ingegner Giuseppe Telfener, deluso e molto amareggiato, si allontanò da Foggia, trasferendosi dapprima in Argentina ed in seguito negli Stati Uniti d’America. In entrambi questi paesi, l’ingegner Giuseppe Telfener realizzò importantissimi collegamenti ferroviari. Divenuto famoso e ricchissimo, venne chiamato in seguito da Vittorio Emanuele II ad amministrare il patrimonio di Casa Savoia.

15 – Quindi, Padre Pio chiamò a San Giovanni Rotondo il figlio dell’ingegner Giuseppe Telfener, in funzione della realizzazione di un collegamento ferroviario?

Proprio così. Anche se di fatto il conte Giovanni Telfener, uomo di grande preparazione e cultura, laureatosi in Inghilterra, collaborò fattivamente alla realizzazione dell’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”. Egli fu molto attivo ed operativo all’interno del Comitato preposto alla realizzazione del plesso sanitario voluto da San Pio. Quindi, Padre Pio aveva già pensato da tempo, quando era ancora in vita, che in prospettiva futura, dopo la sua scomparsa, si sarebbero ripresentate le stesse tematiche e problematiche intimamente connesse allo sviluppo del territorio della provincia di Foggia. Questo per riferire del desiderio del “Santo Cappuccino” di vedere un giorno un treno approdare a San Giovanni Rotondo. 

16 – In sostanza, Padre Pio sapeva perfettamente si sarebbe riprospettato anche dopo la sua “salita al Cielo” un problema legato alla ferrovia?

Indubbiamente. Il treno, in futuro, arriverà a San Giovanni Rotondo. Il “miracolo” della completa guarigione di Pasquale Di Chiara nel 1919, mutò in prospettiva futura, molte cose per il piccolo paesino garganico. Padre Pio disse un giorno: “Farò più chiasso da morto che non da vivo”. Tante cose a San Giovanni Rotondo sono sorte e sono state migliorate. In seguito, il 2 luglio 1959, venne inaugurata la nuova chiesa di “Santa Maria delle Grazie”, su progetto dell’architetto molisano Giuseppe Gentile. La costruzione della nuova chiesa, realizzata dall’architetto genovese Renzo Piano, nonché i molteplici ampliamenti apportati e da apportare in previsione futura all’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”, sono il frutto di un “Santo” che prega per il bene e per il progresso dell’umanità. In prospettiva futura saranno realizzati riammodernamenti della rete stradale interna ed in direzione di San Giovanni Rotondo. Questo problema in realtà vale per tutti i collegamenti stradali della intera provincia di Foggia.         

17 – È pensabile poter esaudire allo stato attuale, il desiderio di Padre Pio, di realizzare un collegamento ferroviario che partendo da San Severo oppure da Foggia, possa poi raggiungere San Giovanni Rotondo?.

In prospettiva futura la ferrovia arriverà a San Giovanni Rotondo, Da un punto di vista tecnico-ingegneristico, il collegamento ferroviario per San Giovanni Rotondo è realizzabile sia partendo dalla città di San Severo, sia partendo dalla città di Foggia. Poi c’è il dibattito politico, che è tutt’altra cosa. Del resto, rimanendo in argomento, tempo fa si parlò in “Capitanata” anche di un altro collegamento ferroviario, altrettanto storico e importante, al fine di poter sviluppare ulteriormente il territorio della stessa provincia di Foggia, collegandolo e raccordandolo, come per i collegamenti stradali, ad altre due regioni, quali Il Molise e la Campania.

18 – Quando si discusse di questo possibile collegamento ferroviario?

Avvenne qualche tempo fa, quando nel corso della messa a punto di un quadro d’intesa istituzionale di carattere tecnico-programmatico tra il governo centrale ed altre regioni del Meridione d’Italia, si pensò di attuare un miglioramento che rendesse più efficace i collegamenti ferroviari per il Nord Italia, attraverso la linea ad alta velocità Milano-Napoli verso i mercati orientali dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo attraverso i porti di Bari, Brindisi e Taranto. Come vede la Regione Puglia era tra quelle maggiormente interessata da tali previsioni progettuali. Considerando poi il recente ripristino del collegamento ferroviario tra la città di Foggia e la città di Lucera, si riprospettò la possibilità di ripensare alla possibile realizzazione di un vecchio, ma sempre agognato progetto, cioè il collegamento ferroviario tra il capoluogo della Regione Molise, Campobasso, con la città di Lucera, al fine di permettere il collegamento con Foggia, tenendo conto in proiezione, dei traffici diretti con il Molise, con la Puglia, con Roma e con il Nord Italia. Per giunta il tutto sarebbe supportato anche da concrete tangenze e ragioni storiche.

19 – Quali sarebbero questi ricorsi storici?

La linea ferroviaria Campobasso-Lucera, che sostanzialmente permetterebbe il raccordo con Foggia, ha una lunga storia. Una storia che ha da sempre suscitato una viva aspirazione delle popolazioni residenti, fin dall’epoca della realizzazione del collegamento ferroviario Foggia-Lucera, inaugurato nel 1887. La stazione di Lucera venne fin dal primo momento considerata molto importante, come “passante”, con la premessa e con l’aspettativa che il collegamento ferroviario avrebbe dovuto prolungarsi in tempi brevi fino a Campobasso ed a Roma. Il secondo tronco Lucera-Campobasso fu a lungo iscritto nei programmi realizzativi delle Ferrovie dello Stato. Vennero istituiti dibattiti per discutere bozze progettuali e relazioni tecniche ma la ferrovia non venne realizzata. Nel 1967, a seguito di dibattiti interni per decidere se sopprimere il collegamento stradale oppure ripristinare quello ferroviario tra Foggia e Lucera, l’Amministrazione Provinciale optò per il collegamento stradale e la linea ferroviaria Foggia-Lucera venne dismessa.

20 – Si ripensò di dare possibile attuazione al collegamento ferroviario Campobasso-Lucera-Foggia?

Si. In quanto si riconsiderò e si rivalutò il dato di fatto oggettivo, che potessero coesistere in parallelo, il collegamento stradale a scorrimento veloce, Foggia-Lucera-Campobasso, con il collegamento ferroviario, Foggia-Lucera-Campobasso. Entrambi fonte di grandi vantaggi e benefici per i territori di tre Regioni. Il Molise, la Puglia e la Campania.

21 – In quale concreta prospettiva si inquadra oggi la rivalutazione di un possibile collegamento ferroviario, Foggia-Lucera-Campobasso?

Nella dimostrata certezza di essere un collegamento risintonizzato e riallineato ai nuovi orizzonti ed alle nuove sfide del futuro. Un collegamento che completerebbe ancora di più lo sviluppo del territorio di queste tre Regioni. In quanto, questo collegamento attiverebbe, ‘ri-dinamicizzandolo’ e rivitalizzandolo, una serie di comunicazioni da e per un territorio assolutamente carente di infrastrutture moderne e razionali, quale è il basso Molise, il subappennino dauno settentrionale e l’Alto Sannio. Per tal ragione, l’idea concreta di un progetto ferroviario Foggia-Lucera-Campobasso è stata di fatto ripensata, rivalutata, rielaborata e riproposta attraverso la presentazione di un nuovo progetto, depositato a Roma nel 2002, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Questo nuovo progetto propone una visione nuova e riattualizzata del collegamento ferroviario in questione, correlandola ai nuovi assetti ed alle nuove programmazioni infrastrutturali di sviluppo per il territorio del Meridione d’Italia, pensate in virtù di una nuova dimensione della mobilità ferroviaria tra l’Adriatico ed il Tirreno a servizio delle aree sud-est della Regione Molise e nord-ovest della Regione Puglia. Nord-ovest della Regione Puglia, che equivale sostanzialmente a dire, nord-ovest della provincia di Foggia oppure, nord-ovest della “Capitanata” oppure, nord-ovest del “Tavoliere”, che dir si voglia. Inoltre, ancora, vorrei rimarcare che questi nuovi studi hanno messo concretamente in evidenza, dal punto di vista della compatibilità ambientale, impatti assolutamente pregevoli e positivi. La valenza progettuale è di grande qualità, considerando fattori che andrebbero a rivalutare ed a ri-dinamicizzare territorialità finora per nulla sviluppate, in territori che offrono risorse paesaggistiche ed ambientali notevoli anche dal punto di vista del “green”, ecologicamente parlando, a tutt’ oggi solo marginalmente conosciute e valorizzate. Vi è anche un’ultima considerazione da aggiungere a riguardo.

22 – Quale?

Che la “Provincia Religiosa” di “Sant’Angelo e Padre Pio”, fondata nel 1555 e rimasta immutata fin da quella data per quanto concerne i suoi confini geografici, come dire, è territorialmente inclusa, quindi enclave, ai territori di tre importantissime Regioni del Meridione d’Italia: la Campania, la Puglia e il Molise. In questi territori sono dislocati i conventi dove dimorò Padre Pio nel suo articolato cammino religioso. In Puglia, si incontrano quattro conventi: quelli di San Giovanni Rotondo, di Foggia, di Serracapriola e di San Marco La Catola, tutti siti in provincia di Foggia. In Campania, nelle provincie di Benevento e di Avellino, incontriamo i conventi di Morcone, Gesualdo, Montefusco e Pietrelcina. In Molise, in provincia di Campobasso, troviamo i conventi di Campobasso, Sant’Elia a Pianisi e di Venafro. Verso la metà degli anni ’60, i territori interni a confine di queste tre Regioni, avrebbero potuto essere dotati di collegamento ferroviario, e svilupparsi in modo concreto, ma si decise diversamente. Le infrastrutture stradali ed i collegamenti ferroviari, realizzati con criteri tecnici avanguardistici, saranno fonte di sicuro progresso e di sicuro sviluppo per i territori di queste tre Regioni, che rappresentano il cuore ed i polmoni del Mezzogiorno d’Italia.

Ci sarà l’ennesimo miracolo?

Intervista raccolta da Giuseppe Maiello