La “pesca” dell’Esselunga tra i due fuochi. L’effetto “pack” tra media e società.

Da qualche giorno su ogni forma di media si dibatte sui risvolti che la pubblicità dell’Esselunga “la pesca“, ideata da Luca Lorenzini dell’agenzia Small, può avere nella società.

I due fuochi della pesca? La famiglia tradizionale e quella con i genitori separati.

Nello spot, ambientato in un supermercato della nota catena commerciale Esselunga, e ci tengo a precisare che questo non è un articolo a scopo pubblicitario, in quanto la scena potrebbe verificarsi in qualsiasi supermercato X, una bambina si perde e la mamma la ritrova a prendere una pesca al banco ortofrutticolo che poi mette in cassa insieme agli altri prodotti acquistati. Fatta la spesa, mamma e figlia si mettono in macchina per ritornare a casa e dal finestrino la bambina osserva due genitori accanto a un bambino, che, forse, sta imparando a fare i primi passi sullo skate.

Arrivate a casa, la mamma fa le coccole alla figlia prima che vada con il padre, non appena sale in auto la bambina gli dona la pesca come se fosse un dono della madre.

Questo spot ha tagliato la società in due spicchi: una fetta di spettatori si è commossa e lo ha apprezzato perché riflette quotidianità, ; un’altra fetta, invece , ha avuto un giudizio critico in quanto il corto farebbe spettacolarizzazione della sensibilità infantile.Questa pubblicità ha generato il cosiddetto effetto “pack”, ossia ha scatenato in poche ore “in branchi” reazioni e commenti.

Una “pesca” può riscontrare così tanto successo e far partire una “querelle” tra sostenitori della famiglia tradizionale e sostenitori delle nuove famiglie?

Ormai di famiglia non c’è n’è più solo una, viviamo in un contesto più ampio, a contatto con l’Europa e il Mondo, processo facilitato dall’ “era social”; per cui, oltre alla famiglia tradizionale, fanno parte del tessuto sociale le “famiglie allargate” e le “famiglie arcobaleno“, che per quanto non vengano tutelate dalla legge, esistono.

Voglio puntare l’attenzione in particolar modo sul “packaging“, cioè sulle confezioni che nella sfera del marketing sono importante in quanto riflettono l’identità del brand.

Attraverso l’imballaggio il consumatore riconosce il venditore cui si affida e abbraccia anche l’apparato di valori su cui una determinata azienda si regge.

La pesca, come è evidente nello spot, non ha alcun imballaggio per cui non la si può collegare a un’azienda x o y, perché il frutto nudo lancia come messaggio sociale la naturalezza, esprime la semplicità del bambino così come il volto nudo della società.

Il punto della questione non è tanto da focalizzare sui tipi di famiglie, bensì di quali valori si deve nutrire la società odierna, dal momento che televisione e i media hanno la capacità di influenzare con i loro contenuti.

In “branco’ in queste ore tutti accaniti sull’ “involucro”, cioè sull’azienda che ha scelto di puntare l’attenzione su una famiglia separata, caso diffuso nella società odierna. Ma nessuno parla delle efferate stragi familiari, odi e rancori covati nel profondo che sfociano all’improvviso in tragedie. Anche le pubblicità possono far riflettere sin dalla più giovane età, ogni testimonianza o esempio può essere d’aiuto per meditare sul rapporto tra sé e l’altro.

Una nota azienda di detergenti, la “Dove”, ha avviato un progetto “autostima”, che aiuta giovani, famiglie e scuole, i principali istituti adibiti all’educazione, per non fare sentire nessuno solo.

Dall’adolescenza all’età adulta, tutti possono cadere in dei tunnel, come quello dei disagi alimentari, della depressione e tanti altri; questa campagna pubblicitaria dimostra come bisogna dare importanza non solo all’immagine, ma anche anche alla sfera psichica.

Il “packaging” sia nella sfera comunicativa, che commerciale deve farsi portavoce di valori e non rendere la “società” una vuota realtà consumistica.

Marianastasia Lettieri

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