COSÌ GLI ARCHITETTI TREVIGIANI SONO RIUSCITI A PORTARE PAPA PIO X IN VENETO (E RITORNO)

Una trentina i tecnici alle prese con un’impresa mai realizzata prima, la peregrinatio corporis di un Papa lunga 1.500 chilometri attraverso cinque tappe. Il Vaticano ha affidato il coordinamento logistico e gli allestimenti liturgici a 593 Studio. Tra le sfide affrontate anche il trasporto su una chiatta a Venezia. Il portavoce del team Michele Sbrissa: “Abbiamo vinto una sfida storica, siamo riusciti a riportare San Pio X nella sua terra natale”
“O vivo o morto tornerò”, aveva detto Giuseppe Sarto prima di lasciare Venezia. Di lì a poco salì al soglio pontificio, accadeva esattamente 120 anni fa. Papa Pio X ha mantenuto la sua promessa e dal 6 al 22 ottobre si è celebrata la sua “Peregrinatio corporis”, il ritorno in Veneto dell’urna con le sue reliquie, custodita a San Pietro da oltre un secolo. L’ultimo passaggio è stato il viaggio di ritorno, nella notte tra il 22 e il 23 ottobre, da Venezia alla Basilica di San Pietro.
Le tappe di questo viaggio sono state coordinate e gestite dal punto di vista logistico da 593 Studio, società di ingegneria di Castelfranco Veneto, nel Trevigiano, che si è avvalsa del supporto tecnico-organizzativo e del personale sul campo della cooperativa Castel Monte Onlus. Una sfida epica: trasportare la teca che custodisce il Santo da Roma a Treviso, quindi a Riese Pio X e Padova, per finire sulle acque veneziane. Inoltre, lo studio ha seguito la progettazione e realizzazione di allestimenti liturgici adeguati in cinque chiese diverse. Un lavoro che ha comportato un impegno 24 ore su 24 di un team composto da una trentina di professionisti, che hanno accompagnato il Papa per oltre 1.500 chilometri, da Roma al Veneto e ritorno, un viaggio durato in tutto 120 ore.
L’impresa di spostare l’urna del Pontefice è un evento che nella storia accade solo per la terza volta. La prima, nel 1959, quando lo stesso Pio X tornò a Venezia. In quell’occasione furono usate le gondole, la salma subì lievi deterioramenti e da allora sono stati cambiati i protocolli di sicurezza. Nel 2018, secondo viaggio: Papa Giovanni XXIII tornò nella sua Bergamo, accolto da mezzo milione di fedeli. Tanto calore umano (e non metaforicamente) unito al periodo estivo crearono non pochi problemi.
“Accogliere San Pio X nel territorio da cui è partito oltre cent’anni fa per salire il soglio di Pietro rappresenta una occasione di ricucitura di una identità religiosa e culturale per questi luoghi”, dichiara Giuseppe Possagnolo, presidente di Castel Monte Onlus. “Questo Papa è stato un precursore, ha messo le fondamenta valoriali e culturali per il “miracolo Veneto” che dal secondo dopoguerra ha visto svilupparsi la regione che noi oggi conosciamo”.
Sulla scorta delle esperienze del passato, sono stati sviluppati da Fabbrica di San Pietro dei protocolli tecnici e di sicurezza estremamente stringenti da cui lo staff coordinato da 593 Studio, coordinato dall’architetto Michele Sbrissa, è partito per ideare le soluzioni necessarie alla realizzazione del progetto. Un lavoro che ha avuto bisogno di circa un anno di preparazione. Tutte le procedure e le soluzioni ideate sono state gestite passo passo in collaborazione con i tecnici della Fabbrica di San Pietro coordinandosi con le Diocesi coinvolte e con tutti gli enti civili interessati. Ecco come ci sono riusciti.

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