ATRI. DOMANI INAUGURAZIONE DEL BUSTO DEL DOTTOR GIUSEPPE VERDECCHIA. EBBE UN RUOLO DI RILIEVO NELLA COSTRUZIONE DELL’OSPEDALE DI PADRE PIO PROGETTATO DALL’ARCHITETTO FRATTESE SIRIO GIAMETTA

ATRI. L’associazione Culturale Giuseppe Verdecchia, con il patrocinio del Consiglio Regionale d’Abruzzo, della Provincia di Teramo, del Comune di Atri e della Fondazione Tercas, rende noto che SABATO 22 APRILE 2023, alle ore 16,30 nella Sala Consiliare del Palazzo Duchi d’Acquaviva ad Atri, si terrà la cerimonia di INAUGURAZIONE DEL BUSTO BRONZEO DEL DOTTOR GIUSEPPE VERDECCHIA.
Nell’occasione, sarà ricordato un episodio particolare, che vide Giuseppe Verdecchia assumere un ruolo decisivo nell’avvio della costruzione dell’Ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo.

PADRE PIO E ATRI. Nel 1945 appena terminata la Seconda Guerra Mondiale, Padre Pio da Pietrelcina poté riprendere nuovamente a riorganizzare il progetto per la costruzione della creatura a lui così cara: l’Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”.
Negli anni precedenti, il progetto esecutivo fu completato nel dicembre del 1940 dall’architetto Sirio Giametta di Frattamaggiore (Napoli). A conclusione del conflitto bellico, il Governo degli Stati Uniti d’America e il Governo italiano decisero di cancellare il nome del progettista, l’architetto Sirio Giametta, in quanto si accertò che egli era stato un importante accademico, avendo ricoperto il ruolo di assistente di cattedra del professor Alberto Calza-Bini, fondatore della Facoltà di Architettura di Napoli, e primo preside della stessa facoltà, nonchè amico diretto di Benito Mussolini.
Nel 1945 Padre Pio da Pietrelcina e il Primario di Chirurgia dell’ospedale di Atri, professor Federico D’Alfonso, erano entrambi alla ricerca di qualcuno che fosse in grado di ricopiare il progetto di Sirio Giametta, per sostituire dalle carte originali dell’elaborato tecnico esecutivo il nome di Giametta, nome che non era più gradito al Governo italiano.
Questo fu il vero motivo per cui il progetto dell’Ospedale di Padre Pio doveva essere ricopiato ex novo. Inoltre, nella fase di rilucidatura del progetto, sarebbero state ritoccate al contempo anche alcune tramezzature del reparto di Chirurgia.
Il 24 giugno 1944 fu eletto sindaco del Comune di Atri Giuseppe Verdecchia. L’incarico fu ricoperto dal Verdecchia cadde in un momento storico assai difficile e delicato, poiché coincidente con i tumultuosi e concitati avvenimenti che si verificarono in precedenza ma anche successivamente alla liberazione dall’occupazione dei tedeschi non solo di Atri ma anche dell’intero Abruzzo. Gli alleati mantennero per ovvie ragioni il controllo del territorio e delle nuove rappresentanze istituzionali italiane. Il nuovo Governo italiano era retto dal Generale Pietro Badoglio spesso presente in Abruzzo proprio nell’atriano, era solito trascorrere alcune giornata di riposo a Fontanelle ospite della famiglia Grilli, opportunità che permise al Generale di conoscere il Prof. Federico D’Alfonso, che ne divenne ben
presto il suo medico personale per alcuni anni. Questo contatto permise al Generale di seguire gli eventi decisivi per il primo finanziamento dell’ospedale di Padre Pio proveniente dal Governo degli Stati Uniti. Il tramite tra il Generale Badoglio e gli atriani che si adoperarono per la rilucidatura del progetto di Giametta fu il professor Federico D’Alfonso. L’incarico assunto dal Giuseppe Verdecchia si configurò subito assai gravoso e al contempo coraggioso, un incarico che egli seppe subito ben assolvere. Il bagaglio culturale di Giuseppe Verdecchia era molto vasto per il suo tempo. Si era laureato in Medicina veterinaria presso la Regia Scuola Superiore di Medicina Veterinaria di Napoli. In Italia l’ambiente culturale napoletano di quegli anni era fra i più attivi e importanti. Questo grande fermento, noto anche all’estero, aveva dato a Giuseppe Verdecchia la possibilità di proiettare le sue innate doti anche in altri campi del sapere, perché a Napoli si potevano frequentare direttamente i maestri nei vari campi del sapere e crescere sotto la loro guida. Verdecchia frequentò assiduamente i circoli artistici napoletani. Le sue spigliate doti culturali e intellettive si aprirono anche verso gli orizzonti della Poesia, della Filosofia, la Musica e soprattutto della Pittura e della Scultura.
Giuseppe Verdecchia aveva un figlio di nome Carlo, studente modello all’Accademia di Belle Arti di Napoli, in quel periodo la più importante in Italia.
Giuseppe Verdecchia era molto amico del Prof. Federico D’Alfonso, Primario di Chirurgia presso l’ospedale “San Liberatore” di Atri, il quale stava cercando qualcuno che lo aiutasse a rilucidare il progetto dell’ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” tanto desiderato da Padre Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo. Federico D’Alfonso conobbe Padre Pio negli anni ’30, divenuti molto amici il Santo del Gargano gli consegnò il progetto dell’ospedale redatto da Sirio Giametta nel 1940, e chiedendogli di aiutarlo a costruire l’ospedale. Il Prof. D’Alfonso a sua volta aveva chiesto a Giuseppe Verdecchia di aiutarlo, essendo lui un bravissimo pittore, preparato anche nel disegno tecnico. La richiesta d’aiuto per rilucidare il progetto dell’ospedale fu resa nota da Giuseppe Verdecchia anche a suo figlio Carlo. Ma i gravosi impegni di entrambi (Giuseppe impegnato nella delicata transizione amministrativa del Comune di Atri seguita alla liberazione dai tedeschi, e lo stretto controllo degli alleati sul territorio e sulle nuove cariche istituzionali italiane, e Carlo pressato dal duplice impegno di accudire la moglie bisognosa di assistenza perché non stava bene in salute e al contempo impegnato nel dipengere un importante affresco in una chiesa di un paese vicino Atri) impegnarono i due
a trovare una soluzione immediata pur di accontentare Padre Pio, al quale bisognava dare con tutto il cuore un aiuto concreto. Trascorsa qualche settimana Giuseppe e Carlo Verdecchia riuscirono a convincere un bravo e celibe ingegnere 50enne di Atri, impiegato presso il Genio Civile di Pescara, tale Gaetano Candelori, già ‘Padrino di Cresima’ di Carlo Verdecchia. L’ingegner Candelori pur di accontentare Giuseppe e Carlo Verdecchia accettò l’incarico, sapendo di accontentare anche Padre Pio, che già contava tanti devoti in tutta Italia e era già conosciuto da tutti a Atri e nell’intero Abruzzo.

Gruppo di Studio e Ricerche storiche
Arch. Dario Zingarelli

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