22 febbraio 1931. Le rivelazioni di Gesù a Santa Faustina Kowalska. Il 16 dicembre 1936, la suora polacca implorò il Signore di non annientare la Russia.

La notte della solenne veglia pasquale è stata per la cristianità la notte in cui si realizzò la più grande profezia della storia dell’umanità. Quella notte non fu una notte qualsiasi. Perché in quella notte avvenne qualcosa di unico, di straordinario e di irripetibile. Quella notte narra di un duello, di un prodigioso duello che ebbe luogo in una dimensione invisibile ai nostri occhi. Un duello sospeso nel tempo e nell’infinito spazio cosmico. Un prodigioso duello che terminò con una vittoria ed una sconfitta che vennero già prestabilite in una dimensione trascendente, prima della creazione del mondo e scritte nell’eternità. In quella notte avvenne la resurrezione dell’Uomo-Dio, Gesù Cristo. In quella notte, scritta nel firmamento celeste, si realizzò la profezia che Gesù in persona annunciò ai Giudei. Mentre a Roma l’imperatore Tiberio governava le sorti dell’Impero più esteso e potente della storia, il terrificante Impero Romano, nella lontana e remota Giudea, una provincia romana posta all’estremo confine orientale dello stesso, veniva inviato il Governatore sannita, Ponzio Pilato. Nei giorni in cui si approssimavano le festività della Pasqua ebraica, Gesù, con i suoi discepoli, saliva a Gerusalemme. Si ricordava la liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù imposta per secoli dai faraoni egiziani. In quella precisa circostanza, narrata da tutti e quattro i Vangeli, Gesù osservò che il tempio, la casa del Padre suo, luogo di culto e di preghiera a Dio, era stato trasformato in una specie di mercato dove si effettuava la compravendita del bestiame. Inoltre, in quel frangente, la presenza dei cambiavalute all’interno del maestoso edificio di culto, sembrava essere diventata più numerosa del solito. Gesù, allora, nell’osservare ciò, prese una bacchetta di legno. Attaccando ed essa delle piccole cordicelle, ne ricavò una specie di frusta ed entrato nel tempio iniziò a cacciare fuori i numerosi mercanti di bestiame ivi presenti. Poi gettò a terra le monete e rovesciò le tavole dei cambiavalute. I Giudei, ammutoliti nell’osservare attentamente la scena, decisero di intervenire. Si avvicinarono a Gesù e gli chiesero il motivo che lo aveva indotto ad esternare quella reazione e, soprattutto, chiedergli con quale autorità egli avesse agito in quel modo brusco, rimproverando con estrema durezza i presenti. Essi chiesero a Gesù: “Che autorità hai tu e quale segno miracoloso ci mostri per fare queste cose?”. Il Nazareno fu durissimo: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato e una spelonca di ladri!”. Gesù continuò: “Distruggete questo tempio ed io in tre giorni lo ricostruirò”. I Giudei rimasero perplessi. I farisei cercavano ogni pretesto per poterlo far condannare. I Giudei con tono ironico, beffardo e quasi sprezzante si rivolsero a Gesù e gli fecero osservare: “Per costruire questo tempio ci sono voluti ben 46 anni e tu ora dici di ricostruirlo in soli tre giorni?”. Prendendosi scherno di lui, quasi iniziarono a deriderlo. Come ci spiegano i Vangeli, il Signore non si riferiva al tempio come edificio, bensì al tempio del suo corpo. Tempo dopo, Gesù venne condotto da alcuni rappresentanti del Sinedrio, la suprema assemblea ebraica rappresentata dagli aristocratici e dai grandi proprietari terrieri del tempo appartenenti alla nazione ebraica, al cospetto del Governatore campano, Ponzio Pilato, affinché Gesù fosse da lui interrogato. Numerose erano le voci sparse calunniosamente sul conto di Gesù, accusato di essere un sobillatore delle folle, un predicatore che diffondeva illusioni ed utopie nel popolo. Uno che predicava una dottrina politica e sediziosa, uno che si proclamava Re dei Giudei”. Cercavano a tutti i costi un pretesto per farlo condannare a morte. Ma non lo trovavano. All’interno del Sinedrio vi era il partito dei farisei, rappresentato dai suoi dottori, i cosiddetti dottori della legge, per tradizione chiamati scribi. Essi erano, per così dire, gli esperti in tutte le questioni politiche, civili e criminali. In sostanza, erano i rappresentanti della legge civica. Il Sinedrio deteneva tutti i poteri, tranne quello di condannare a morte. Dopo che il Sinedrio chiese a Gesù chi veramente egli fosse, come se i sinedriti di fatto non lo sapessero, “Dunque, rispondi, sei tu il Figlio di Dio?”, Gesù glielo confermò, “Si, Io lo sono!” essi condussero il “Nazareno” davanti al potente Pilato. Il quale, dopo averlo ascoltato, proferì una sentenza di palese assoluzione nei suoi confronti: “Voi dite che costui sia un sobillatore del popolo, uno che induce le folle a scagliarsi contro Roma, un Re, per me è soltanto un innocuo e pacifico predicatore, per cui io non trovo in quest’uomo nessuna colpa!”. Pilato voleva far liberare Gesù. Una serie di ben ordite macchinazioni politiche da parte dei farisei e dei sommi sacerdoti Anna e Caifa, riuscì a fare in modo che Gesù fosse ricondotto da Pilato, dopo che questi era riuscito a coinvolgere Erode Antipa nella questione, inviandogli Gesù affinché lo giudicasse lui. Considerato che la Giudea ricadeva nella sua giurisdizione. Erode però non volle giudicare il Signore e lo reinviò a Pilato. Dopo aver subito un processo farsa, Gesù venne condannato alla morte di croce. La notte di Pasqua, dunque, segna il compimento di quella profezia che Gesù fece di sé stesso ai Giudei. Il Cristo è risorto e, in quel passaggio trionfante dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, Gesù ha sconfitto il nemico più temuto dall’umanità. Quel nemico che San Francesco d’Assisi chiamava la morte corporale, alla quale nessun uomo può sfuggire. Con la Pasqua di Resurrezione si celebra anche il tempo della fede. Il tempo della profezia è passato e i credenti sono chiamati ad essere nel mondo segno e testimonianza tangibile della Pasqua, cioè segno e testimonianza della Resurrezione di Gesù Cristo. Da quel giorno glorioso, all’incirca l’anno tra il 33 e il 37 Dopo Cristo, non sono mancati i segni attraverso i quali, a distanza di due millenni, Gesù continua a dimostrare la sua viva presenza tra i credenti. Il 17 febbraio 1916, giungeva a Foggia, nel convento dei frati cappuccini di Sant’Anna, un giovane sacerdote cappuccino. Il religioso non godeva di buona salute. Il giorno seguente, il 18 febbraio 1916, quel frate si recò a casa di una nobile e ricca signora foggiana. Era donna Raffaelina Cerase. Da tempo ella era malata di cancro. La nobildonna e Padre Pio non si conoscevano di persona, ma soltanto attraverso una fitta corrispondenza epistolare che tra i due iniziò ad intercorrere a partire dal 24 marzo 1914. Il 18 febbraio 1916, la Cerase poté finalmente vedere con i suoi occhi chi era l’autore delle lettere che tanto le arrecavano sollievo e conforto spirituale, in quella dura lotta contro la patologia da cui era stata colpita. Il male che tormentava Raffaelina la costringeva a letto e Padre Pio, quasi ogni giorno, uscendo dal convento di Sant’Anna, percorrendo Via delle Grazie, si recava nel palazzo signorile dove abitava la Cerase, in Via Manzoni. Le condizioni della donna si aggravarono. Ciò nonostante, Raffaelina sperimentò in quei giorni una grande consolazione interiore e spirò serenamente il 25 marzo 1916. Quando San Pio si recava in Via Manzoni, nell’abitazione di donna Raffaelina, egli attraversava via delle Grazie. In questa via, a Foggia, vi è una Chiesa. La Chiesa della “Madonna delle Grazie”, In questa Chiesa, il 20 maggio 1931, un’immagine della Madonna raffigurata in un quadro posto vicino all’altare maggiore, iniziò prodigiosamente a muovere gli occhi. Esattamente in quello stesso giorno, il 20 maggio 1931, una donna di 41 anni, nativa di Torre del Greco, in provincia di Napoli, Margherita Sallustro, guariva inspiegabilmente da un male incurabile dopo aver sognato per ben due volte il professor Giuseppe Moscati. Un medico nativo di Benevento, oggi Santo, le cui spoglie riposano nella Chiesa del Gesù, a Napoli. Sempre nello stesso anno, precisamente tre mesi prima, in Polonia, avvenne un altro fatto straordinario. È la sera del 22 febbraio 1931. Una suora polacca appartenente alla Congregazione della “Beata Vergine Maria della Misericordia”, dopo aver preso commiato dalle sue consorelle, rientra nella sua cella. Una microscopica stanzetta del piccolo e sperduto convento di Plok. Prima di essere trasferita in quel piccolo monastero, la religiosa aveva dimorato nella Casa Madre della sua Congregazione, a Varsavia. In seguito, dimorò anche a Vilnius e poi a Cracovia, dove oggi riposano le sue spoglie mortali. La religiosa polacca, prima di prendere i voti, aveva svolto lavori domestici presso varie famiglie benestanti di Lodz, di Alexsandrow e di Ostrowek, per mantenersi e aiutare i suoi genitori. Ella avvertì la vocazione fin dall’età di 7 anni, ma incontrava la netta opposizione dei genitori. Cosicché cercò di sopprimere la vocazione. Gesù le venne in soccorso, recuperando Elena, questo il nome al secolo della suora, alla vita religiosa. Le apparve una prima volta e le disse di partire per Varsavia, dove il 1°agosto del 1925 Elena entrò in convento con il nome di Suor Maria Faustina Kowalska. Nel piccolo monastero di Plok, svolgeva i lavori più umili. Lavorava nel forno, sbrigava i lavori di cucina, lavava i corridoi, teneva pulito il giardino. La sera del 22 febbraio, aveva il suo breviario di preghiera tra le mani. Stava recitando le orazioni, prima di addormentarsi. Improvvisamente nota una luce, si volta. Le apparve Gesù. Aveva la mano destra alzata in atto benedicente e la mano sinistra poggiata sulla tunica bianca luminescente. Il Signore le indicava due fonti luminose, simili a dei raggi, che fuoriuscivano dal suo petto. Un raggio era rosso, l’altro era di un colore blu pallido. Gesù chiese a suor Faustina di far ritrarre l’immagine di Gesù così come egli era apparso ai suoi occhi e sotto all’immagine raffigurata, doveva essere riportata una semplicissima preghiera in polacco: “Jezu, Ufam Tobie.”, “Gesù, Confido in Te”. Gesù spiegò a suor Faustina che il raggio rosso e il raggio blu rappresentavano il sangue e l’acqua che sgorgarono dall’intimo della sua Misericordia, il giorno della sua crocefissione, quando il suo cuore venne aperto dalla lancia che il soldato romano Longino, gli conficcò sotto al petto, alla sua destra, per accertarsi che fosse già morto. La santa suora chiamò il pittore Kazimirowski e fece dipingere il quadro come Gesù le aveva ordinata. Successivamente, Gesù apparve di nuovo a suor Faustina e le chiese di far istituire la Festa della Divina Misericordia. Tale ricorrenza doveva essere celebrata nella prima domenica successiva alla celebrazione della Pasqua. Così il Signore parlò alla santa: “Desidero che la prima domenica dopo Pasqua venga celebrata la Festa della Divina Misericordia. Figlia mia, parla a tutto il mondo della mia incommensurabile Misericordia. L’anima che in quel giorno si sarà confessata e comunicata otterrà la piena remissione di colpe e castighi. Desidero che questa Festa venga celebrata solennemente in tutta Chiesa”. Dopo averle comunicato questo messaggio, Gesù chiese alla religiosa di mettere per iscritto le locuzioni interiori e quant’altro Gesù le suggeriva durante quelle locuzioni interiori. Suor Faustina, rivolgendosi a Gesù, disse: “Signore, tu lo sai, io sono troppo piccola e non ho istruzione sufficiente per fare quanto mi chiedi. Come posso scrivere quello che tu mi domandi?”. Gesù le rispose sorridendo: “Non temere. Ti aiuterò Io!”. Nacquero così dei quaderni riportantii colloqui intercorsi tra Gesù e la santa suora. Oggi, quegli scritti sono compendiati in un diario di alta mistica e spiritualità. Gesù rivelò alla Santa molte altre cose. Tra queste è impressionante quanto comunicato alla religiosa il 16 dicembre 1936. Un messaggio che è attualissimo e si pone in perfetto allineamento e in perfetta sintonia con le apparizioni della Madonna a Fatima, in Portogallo, nelle sei apparizioni del 1917 a tre pastorelli, Lucia, Giacinta e Francesco. Apparizioni collegate ad una rivelazione della Santa Vergine ai tre fanciulli fatimiti, più comunemente nota con il nome di Terzo Segreto di Fatima. Un Segreto distinto in tre parti che il Vaticano volle conoscere, chiedendo all’epoca, direttamente a suor Lucia dos Santos, di renderne noto alla Santa Sede i contenuti. Quel giorno che precedette di 9 giorni il Natale del 1936, Gesù apparve a Santa Faustina e le rivelò che non poteva più continuare a sopportare la Russia. “Non legarmi le mani, Figlia mia!”. Invece, Santa Faustina quel giorno impedì che il braccio di Gesù si abbattesse sulla Russia. Ella offrì al Signore tutte le sue preghiere e tutte le sue sofferenze per risparmiare quella nazione. Gesù le rispose: “A te non posso dire di no!”. E la Russia venne risparmiata. La Santa, in seguito, rivelò che se non fosse stato per le continue preghiere che le anime care a Dio offrono continuamente per questo Paese, Gesù avrebbe da tempo distrutto e letteralmente annientato la Russia dalla faccia della terra. La Santa religiosa chiese anche al Signore la ragione per la quale egli fosse così maldisposto verso questo Paese e Gesù le rivelò quel segreto: “Perché la Russia ha espulso Dio dai propri confini!”. In seguito, il Signore comunicò a Santa Faustina un’altra rivelazione riguardante quel che egli aveva sofferto nel corso della sua dolorosa passione. Atroci sofferenze corporali associate a spaventose angosce interiori. Una sofferenza spirituale che gli aveva prodotto grande amarezza e sconforto interiore. Suor Faustina chiese al Signore cosa di preciso gli avesse provocato quella immensa angoscia spirituale. Il Signore le rivelò che una serie di anime che egli stesso vedeva nel tempo futuro, mentre percorreva carico della pesante croce la via che dal Palazzo di Pilato lo conduceva al Golgota, una piccola altura a forma di cranio dove l’Altissimo patì l’ingiusta condanna, gli avrebbero procurato nel corso dei secoli a venire, grandi dispiaceri e sofferenze. Tra queste, vi erano le anime degli eretici e degli scismatici, i quali con le loro false e fuorvianti ideologie, avrebbero continuato a lacerare le sue carni e il suo cuore, provocando gravi sconquassi e pericolosi sbandamenti alla Sua Chiesa. Non poche sofferenze gli avrebbero arrecato anche i peccatori più ostinati ed incalliti, cioè quelli che continueranno in futuro a rifiutare e rigettare il suo Amore e la sua Misericordia. Gesù rivelò inoltre alla Santa che le anime dei sacerdoti e dei religiosi a lui fedeli e devoti, lo avevano sostenuto e lo avevano confortato lungo il percorso della sua amara Passione. Un conforto particolare Gesù lo ebbe anche dalle anime dei miti e degli umili di cuore, nonché dalle anime dei bambini. Il Signore precisò che le anime umili, miti e le anime dei bambini, sono come un mazzo di fiori profumati innanzi al trono di Dio, un profumo di cui L’Eterno Padre si delizia con gioia. La rivelazione che più fece soffrire la Santa polacca fu nell’apprendere che le anime che avrebbero fatto soffrire Gesù fino al suo secondo ritorno sulla terra, erano le anime delle persone tiepide. Come rivelò l’Onnipotente alla Kowalska, esse sono anime afflitte da uno dei peggiori mali. La “tiepitudine”. Non sono né fredde, né calde. Gesù le rivelò che tali anime, ai suoi occhi, sono letteralmente ripugnanti. Feriscono il suo cuore nel modo più doloroso, rinnovandogli tutte le sofferenze patite sul “Golgota”. Esse non sono né fuoco, né ghiaccio. Sono indefinibili ai suoi occhi. Quando Gesù si trovava nell’orto degli Ulivi, il Getsemani, i suoi discepoli si addormentarono. Egli sapeva cosa lo aspettava. In attesa dell’avvicinarsi dell’ora in cui i capi dei farisei, insieme ad altri uomini armati di mazze e bastoni, guidati da Giuda Iscariota, lo avrebbero preso e arrestato per condurlo dinanzi al Sinedrio ebraico, egli iniziò a pregare in preda ad un’angoscia agghiacciante che umanamente non può essere compresa. Al cospetto di quello stato angoscioso dell’anima, Gesù pregò così intensamente che iniziò a sudare rivoli di sangue. In quel tormento, Gesù pronunciò una frase. Disse: “Padre allontana da me questo calice, tuttavia sia fatta non la mia, ma la tua volontà”. Il Signore rivelò a Santa Faustina che furono proprio le anime affette dalla tiepitudine, la causa per la quale egli, rivolgendosi all’Eterno Padre, aveva pronunciato in quello stato di angoscia indescrivibile, quella dolorosa implorazione.
Giuseppe Zingarelli

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