1923-2023: 100 anni dalla nascita di Calvino. Dalla fuga del barone rampante sull’albero alla fuga dei cervelli

Il 15 ottobre 1923 nasceva a Cuba uno dei più grandi intellettuali del Novecento: Italo Calvino, che ha saputo spaziare dal neorealismo del “sentiero dei nidi di ragno” del 1947 al post moderno con la sperimentazione fantascientifica delle “Cosmicomiche” del 1965. Dopo aver militato nella Resistenza e dopo aver abbandonato anche il PCI, negli anni 50 l’autore si dedica alla stesura della trilogia “il visconte dimezzato, il barone rampante e il cavaliere inesistente”, romanzi che nel 1960 erano stati raccolti nel volume “I nostri antenati.

Il barone rampante, romanzo del 1957 si contraddistingue per la carica di significati e per la purezza stilistica, pur nella varietà linguistica. L’allegoria è la chiave di lettura dell’intero romanzo. La vicenda si apre con il giovane barone Cosimo Piovasco di Rondò ,in seguito a un contrasto familiare, si arrampica su un albero e ne fa in breve tempo una sua proprietà naturale. Dal suo habitat naturale il barone fa l’amore, guida, combatte battaglie, si istruisce e intrattiene relazioni con i maggiori intellettuali del tempo. Molti intellettuali contemporanei e moderni si sono identificati nel protagonista e hanno interpretato la fuga sull’albero come allegoria della fuga dell’intellettuale dal mondo. Un po’ sul modello di Goethe e Tolstoj, che fuggirono rispettivamente in Italia e nella steppa per recuperare la loro natura perduta, in seguito alla malinconia piombata per aver represso le loro inclinazioni naturali. Un altro filone di studiosi interpreta la fuga sull’albero di Cosimo come il nietzscheano “pathos della distanza” che consiste nella necessità di allontanarsi dall’umanità folla(CASES 1987, 160ss.)

Il secondo romanzo della trilogia è ambientato nel Settecento poiché secondo la poetica di Calvino la distanza dalla realtà comune permette di pensare in modo più autonomo a quella stessa realtà. Il romanzo del barone rampante che dal suo albero fa l’impossibile per migliorare le condizioni di vita dei terricoli sfocia nell’utopia e nella favola. Il narratore del romanzo è Biagio, fratello del barone figura come un personaggio un po’ scolorito quasi avesse a modello il Serenus Zeitblom del Doktor Faustus di Mann. Cosimo, sin dalle prime enfatuazioni con la piccola Viola, ragiona da filosofo realista in opposizione alle tendenze istintive della piccola. Questi incontri sono sviluppati da Calvino in forma di dialoghi snelli e vivaci. Cosimo è sacro e inviolabile finché è sugli alberi, cioè nel suo territorio mentre tutto il mondo gli pare nemico, vuole allestire un esercito sugli stessi alberi per ridurre alla ragione la terra. In questo romanzo, a partire dal protagonista che riflette l’illuminista e la sua rivalsa nel 700 con il suo appello ai lumi della ragione per uscire dallo stato di “minorità”, ogni intellettuale si può immedesimare in Cosimo.

Un pensatore, un artista, un letterato, uno scrittore o un musicista, dal novecento secolo di Calvino al XXI secolo, tutti devono fare i conti con la loro natura e il mondo di tutti i giorni che non rende facile la libera espressione. Il barone rampante aveva creato il suo mondo arboreo, di cui era padrone; oggi gli intellettuali, pur padroni della propria arte, sono costretti a fuggire in altri paesi o a rinunciare alle proprie velleità perché non sempre è conciliabile la libera espressione artistica e le condizioni di vita che irrigidiscono il fluire della vita in schemi precostituiti.

Nel ricordare Calvino nel centenario della sua nascita ragioniamo anche sul futuro degli intellettuali nella nostra società. Nell’ immaginario comune il pensatore sta sempre con la testa per aria, ma vi siete mai chiesti perché fa tanto fatica a stare con i piedi per terra? Cosimo sugli alberi è l’esempio dell’utopia che deve alimentarsi dalle radici infangate. Il pensiero deve restare o fuggire nella stessa terra in cui è stato concepito? La fuga, se consente la riconnessione con la propria natura ed è propizia alla produzione intellettuale, non è un bene solo per il singolo ente, ma anche per la società che si arricchisce culturalmente.

Calvino può essere considerato un classico perché vive al di fuori del suo contesto di nascita e ci permette anche di riflettere sulla nostra posizione nella società.

Marianastasia Lettieri