Napoli: Università degli Studi di Napoli Federico II-Seminario di Letteratura Cristiana Antica.

Napoli: Università degli Studi di Napoli Federico II-Seminario di Letteratura Cristiana Antica.

Napoli: presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II –
“Girolamo e i problemi del tradurre” nucleo tematico del seminario tenuto dalla Teresa Piscitelli, docente ordinario di letteratura cristiana antica presso il dipartimento degli Studi Umanistici.
Primo incontro del ciclo di Seminari, a cura di Isabella D’Auria- ricercatore di letteratura cristiana antica: “tra prosa e poesia: viaggio tra testi cristiani greci e latini”.

Nel corso della relazione la relatrice Teresa Piscitelli ha affrontato il problema della traduzione in Girolamo, autore della “ Vulgata “ a partire dai testi originali in ebraico.
Il Metodo di traduzione in età Tardo Antica presenta tratti di continuità e discontinuità con la tradizione classica.
Mentre traduttori di manuali tecnico scientifici utilizzano uno spiccato letteralismo nella traduzione dal greco al latino, la situazione risulta essere diversa per i testi biblici, dal momento che, una traduzione letterale mantiene intatto il testo originale, ma risulta fallimentare perché non veicola un contenuto comprensibile ad una vasta assemblea.
Nel IV secolo per una traduzione ottimale sono necessari: rispetto del testo originale e massima comprensibilità .
Girolamo nell’Epistola LVII esprime la sua idea di traduzione dai testi greci, in primis, che non si realizza parola per parola, ma punta sul significato e punta ad esprimere i contenuti di una lingua di provenienza con i mezzi della propria lingua; situazione differente per le Sacre Scritture, nelle quali i rapporti stessi tra le parole contengono verità di Fede.
Inoltre Girolamo per rafforzare le proprie opere fa spesso ricorso ad “Auctoritates” e modello di riferimento, sempre presente, è sicuramente Cicerone.
Nella traduzione della Vita di Sant’Antonio Girolamo ammette la violazione del testo originale in nome dell’integrità del senso; in questo caso più che di traduzione si può parlare di “Interpretatio” in modo che non manchi nulla del contenuto, sebbene manchino alcune parole.
Sempre nell’Epistola LVII viene affrontato un passo del profeta Geremia per esaminare come la traduzione dei Settanta sia differente dall’evangelista Matteo; gli evangelisti pur di rendere esplicito il senso del passo si allontanano dall’originale ebraico.
Girolamo ribadisce questi aspetti non per accusare gli evangelisti di falsità, ma per ottenere venia da chi lo accusa di ignoranza.
Una polemica nasce con Rufino, che ruba e rende pubblica, diffondendola in Occidente, la traduzione in latino dell’epistola di Epifanio eseguita da Girolamo, su richiesta dell’amico Eusebio di Cremona, ad uso privato; per tanto questa circolazione indebita rende la traduzione geronimiana un falsario.
La circolazione della traduzione di Girolamo della lettera di Epifanio, indirizzata a Giovanni di Gerusalemme, che abbracciava le idee eretiche di Origene fa trasmigrare la polemica origenista dall’Oriente in Occidente e a Roma Il traduttore vede in pericolo il suo progetto di traduzione, minato da possibili accuse di eresia.
In una lettera direttagli da Agostino si intuisce come velatamente, abbia preso di mira anche la traduzione dei 70 che è piena di imprecisioni, tale da necessitare processo di revisione e qui emerge il Girolamo filologo che ha rispetto dei fattori linguistici e sottolinea come ogni lingua debba trasmettere la propria specificità e il testo sia veicolo di Verità. Ma quale verità esiste se sono in circolazione idee ereticali e Rufino diffonde un testo falsandolo?
Rufino in opposizione a Girolamo propone una traduzione censoria, che epura i decreti conciliari e pone l’attenzione sulle punte ereticali di Origene.
Per Girolamo, invece la traduzione consiste nella trasmissione della verità ebraica, a senso e che rispetti l’ordine delle Scritture.
Girolamo cita in sua difesa un detto di Isaia << Fortunato chi parla all’orecchio di chi presta ascolto>> in questo modo risponde a una lingua ignorante ( Rufino) e si appella a un “ prudens lector” ( cioè il lettore intelligente) per sottolineare come ascolti solo le critiche di dotti lettori, che comprendano i suoi progetti.

Marianastasia Lettieri