NAPOLI. Trianon Viviani, l’omaggio dei Virtuosi di san Martino a Nino Taranto e all’Avanspettacolo. Venerdì 20 e sabato 21 gennaio, alle 21, il concerto teatrale “Nel nome di Ciccio”

NAPOLI. Al Trianon Viviani, venerdì 20 e sabato 21 gennaio, alle 21, i Virtuosi di san Martino rendono omaggio a Nino Taranto e il mondo dell’avanspettacolo con il concerto teatrale “Nel nome di Ciccio”.
Con un titolo che richiama Ciccio Formaggio, la macchietta più famosa dell’attore originario di Forcella, l’ensemble ripropone il grande patrimonio canoro e macchiettistico del caffè-concerto e del varietà, segnato da maestri indiscussi come Nicola Maldacea, Peppino Villani, Gennaro Pasquariello e, appunto, Nino Taranto. Si parte da ritmi ruffiani e rocamboleschi: surreali calembours di casa nostra. Ed ecco che, in una galleria di tipi talmente improbabili –si chiamano Carlo Mazza, Quagliarulo, Agata e Luana, figlia di cubana–, la rima inanella una sorte e il doppio senso che, impietoso, è costantemente in agguato, suggerito e mai detto.
I Virtuosi si tuffano in questo universo, facendo affiorare, echi, schegge, memorie e citazioni, in un ammiccante mosaico di incastri che fagocita Schönberg e il liscio, la rumba e Stravinskij, Weill e Rossini, Eduardo e Carmelo Bene, con una comicità, al tempo stesso, sofisticata e popolare.
La drammaturgia è firmata da Roberto Del Gaudio, le elaborazioni musicali sono a cura di Federico Odling, per la regia degli stessi Virtuosi. La produzione è di Diaghilev.
I Virtuosi sono Roberto Del Gaudio (voce), Federico Odling (violoncello), Vittorio Ricciardi (flauto), Antonio Gambardella (violino) e Vito Palazzo (chitarra). Questo ensemble da camera, fondato a Napoli nel 1994 dal genovese Odling e dal cantattore Del Gaudio, propone l’eleganza sobria del quintetto in dolcevita nero con la contraddizione di strali verbali e clichés sonori, scagliati con studiata leggerezza e con impassibile disincanto. Con le loro originali partiture drammaturgiche, i Virtuosi sono artefici di un teatro musicale intriso di dissacrante ironia e di raffinata ricerca culturale che, in una sorta di grande “blob“ originale, trita, maciulla, impasta e frulla, gli ultimi residui di arte e civiltà.