La protesta degli studenti nelle tende ci ricorda di quanto stiamo abbandonando i giovani

Potrebbero già essere stati costretti a lasciare il loro “accampamento” gli studenti di Bari impegnati in questi giorni nelle proteste contro il caro affitti, la DIGOS gli ha già intimato di sgomberare entro mezzogiorno di venerdì 12 maggio, ma nonostante questo il messaggio che loro vogliono dare è chiaro, così come le loro storie, segnate già da una instabilità di vita inaccettabile.
Già perché il capoluogo pugliese ha segnato un aumento verticale degli affitti, siamo già oltre il 25% e saliamo già rapidamente verso il 30%, l’esplosione del turismo ha reso la città particolarmente appetibile per affitti brevi, affittacamere e B&B, causando una esplosione dei prezzi.
Secondo un report di Cassa Depositi e Prestiti l’Italia avrebbe bisogno di circa 100 posti letto in più per gli studenti e siamo di gran lunga al di sotto della media europea che vorrebbe almeno il 20% dei posti letto in rapporto ai fuori sede (adesso siamo intorno al 6%). Le soluzioni messe in campo al momento sono molto vaghe, ma ad oggi siamo incapaci di dire cosa farà il governo.


Parlando con loro appare evidente il loro desiderio di darsi da fare, mentre uno di loro erge la bandiera per consentire di farmi fare una foto, sono giovani appartenenti a “Cambiare Rotta” una organizzazione giovanile comunista, fra di loro serpeggia la frustrazione per una situazione incancrenita ma anche una grande voglia di cambiamento.

“Ho dovuto girare sei mesi per trovare casa” mi racconta Florena di 19 anni “ho avuto forti difficoltà” sarebbe voluta andare a Bologna ma lì i prezzi sono inaccessibili “prima lavoravo il weekend come cameriera, per dodici ore guadagnavo 30€, adesso siamo per fortuna passati ai 45€. Mi vergogno a chiedere aiuto ai miei genitori ma senza non saprei come fare” le chiedo se abbia provato a cercare altri impieghi e fa la stagionale, non nelle più calde e mondane Rimini, Jesolo, Riccione o nel Salento “in Irlanda prendo 11€ netti l’ora, ho le pause, giorno libero, ferie. Ho capito che vuol dire lavorare con dignità”.

Sasha mi racconta una storia non troppo dissimile, lui sarebbe voluto andare a Bologna “lì ci sono più opportunità nel mondo accademico” mi dice aggiungendo anche che gli sarebbe costato troppo “sono un lavoratore dello spettacolo, ho un contratto a chiamata, quando e se vengo chiamato allora vengo pagato”

Infine Daniele anche lui lavora “circa 12€ l’ora… Seh magari 12€” ha un lapsus e ne esce una risata amara “scusami volevo dire 12 ore al giorno” quanto prende al mese? “circa 800€, il contratto è un’utopia ovviamente” giorni di lavoro? “7 giorni su 7”.

Tutt’altro che “fannulloni” quindi, si impegnano attivamente per riuscire a portare a portare a casa qualcosa e rendersi quanto più indipendenti possibile, pazienza se si va in Irlanda a fare la stagione invece di farsi il bagno nell’Adriatico.
Una cosa viene certamente chiesta da questi ragazzi: studiare e lavorare con dignità. Oggi questa combinazione impossibile si ripercuote su di loro come un maglio, se trattiamo così le giovani generazioni non lamentatevi quando piuttosto che prendere 30€ per 12 ore di lavoro per fare i camerieri vanno all’estero.
Il diritto allo studio è una vera e propria emergenza in questo paese ed è bene iniziare a prendere immediatamente misure radicali, prima di perdere questa generazione per sempre.

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Stefano Scoppio

Stefano Scoppio

Fervente appassionato del periodo più sfigato della letteratura italiana (gli anni '90), pieno di passioni multiformi e contraddittorie. Scrivo per il mio diletto e nella speranza di suscitare una riflessione