“Gli Internati militari italiani: coloro che scelsero di difendere la propria libertà, seppur circondata da fili spinati.”

L’altro ieri, Venerdì 27 gennaio 2023, in Prefettura ha avuto luogo la consegna delle medaglie d’onore alle famiglie di sette cittadini della provincia di Napoli deportati e internati nei lager nazisti durante il biennio ’43-’45.
Tra questi sette cittadini c’era anche mio nonno, Stefano Costanzo
Alla notizia che sarei andata alla cerimonia la risposta comune è stata
Perché? Tuo nonno era ebreo?”.
Questo mi ha fatto riflettere a come molto spesso la retorica sul genocidio, sullo sterminio del popolo , seppur sacralmente giusta, necessaria e legittima, a volte però ricopra di un velato oblio le altre vittime di quella disumana e inenarrabile furia nazifascista.
Come definito anche dalla stessa legge istitutiva del Giorno della Memoria, è nostro dovere ricordare, oltre allo sterminio e alla persecuzione degli ebrei, tutti gli italiani che hanno subito deportazione, prigionia e morte e coloro che si sono opposti al regime anche a costo della propria vita.
Gli I.M.I, gli internati militari italiani, cui la legge riconosce il conferimento della medaglia d’onore, furono gli oltre 600000 soldati italiani deportati nei campi di concentramento tedeschi dopo l’armistizio del 1943.
A loro fu imposta una scelta: collaborare e combattere nelle fila dell’esercito tedesco o rifiutare ed essere deportati in Germania.
E più di 600000 furono coloro che scelsero di non piegarsi, di conservare la propria libertà, seppure circondata da fili spinati.
Coloro che scelsero di difendere i propri ideali, con tutte le loro forze, a costo della loro stessa vita.
Ricordiamo anche loro.
Ricordiamo l’importanza degli ideali e quanti sono stati disposti a morire nel loro nome, ancorando la propria vita a ciò in cui credevano.
Ripenso alla definizione che Dante nel terzo canto dell’inferno attribuisce agli Ignavi, coloro “che mai non fur vivi”.
Gli ignavi che nella vita non ebbero un ideale, che mai presero una posizione, costretti nei versi danteschi ad inseguire perpetuamente una bandiera, simbolo dell’ideale che non ebbero in vita.

E allora mi domando, cos’è davvero la vita senza qualcosa in cui credere?

E quando volgo lo sguardo a questo mondo dominato da apatia, indifferenza e ignavia, ho il bisogno di ricordare, di non dimenticare, chi, per quella bandiera, ha dato la sua vita.
Chi ha deciso di credere e di lottare.

Chi ha sacrificato tutto per il bene più importante:
la libertà.

Simona Costanzo