E’ deceduto qualche ora fa Eugenio Scalfari uno delle più autorevoli firme del giornalismo italiano. Aveva 98 anni ed era ammalato da tempo.

Fu tra i cofondatori del settimanale l’Espresso e fondatore di Repubblica, nel 1976 (lascerà la direzione del giornale 20 anni dopo). Repubblica, con la sua direzione, divenne una delle testate quotidiane più diffuse in Italia. Breve anche un’ esperienza come deputato nelle file del Psi. La stampa italiana perde un altro pezzo importante.
Questo il ricordo della sua testata, Repubblica: “È morto Eugenio Scalfari, giornalista e scrittore italiano, nato a Civitavecchia nel 1924. Tra i maggiori editorialisti italiani, fondatore nel 1976 del quotidiano La Repubblica di cui è stato direttore. Aveva dato vita nel 1955 con Arrigo Benedetti alla rivista L’Espresso. A chi gli domandava quanto avesse contribuito a cambiare il paese, Scalfari rispondeva: “Io non volevo cambiare l’Italia ma il giornalismo sì. E questa mi pare un’impresa riuscita”. È stato anche deputato per il Partito socialista italiano (dal 1968 al 1972), vicepresidente del Gruppo editoriale L’Espresso ed è stato insignito di prestigiose onorificenze, quali quella di cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana (1996) e di chevalier de la Légion d’honneur (1999).
Alla fine è arrivata, la Regina ha toccato il suo corpo esile, fragilissimo. E lui non s’è fatto trovare impreparato. Pochi come Eugenio Scalfari sono stati capaci di accogliere la morte con altrettanta vitalità. Fino agli ultimi giorni è stato vigile sul suo paesaggio mentale che andava acquistando profondità e colori diversi. E fino alla fine è rimasto un giornalista, un cronista curioso che ci raccontava la sua traversata vegliarda verso un pianeta a noi sconosciuto. “Papà hai paura della morte?”, gli chiedono le figlie, Enrica e Donata, nell’ultimo splendido documentario Sentimental Journey. Lo sguardo arriva sereno, quasi non ci fosse bisogno del suo no fermo. Si muore desiderando, diceva. Desiderando di scrivere. Desiderando di amare. Desiderando di essere sempre nelle contraddizioni del mondo”