Dopo quest’altra morte possiamo dire basta?

Barbara Capovani è l’ultima di un lungo elenco di vere e proprie vittime del dovere in ambito medico, la psichiatra aggredita brutalmente alcuni giorni fa purtroppo non ce l’ha fatta, le indagini hanno portato all’arresto del suo aggressore Gianluca Paul Seung, già noto alle forze dell’ordine per un’aggressione ai danni di una guardia giurata al tribunale di Pisa.
Nonostante il giovane si fosse presentato il giorno prima e quel giorno sia stato visto da un’infermiera a circa 30 metri dall’ingresso, uno dei pochi elementi che ha consentito agli investigatori di arrivare ad un arresto, non è stato possibile evitare la tragedia.
Naturalmente le mie più sentite condoglianze, nonché di tutta VitaWebTV a famiglia e amici della Dottoressa, ai quali ci sentiamo vicini in questo momento di enorme dolore.
Tuttavia questo non può che riaprire una ferita dolorosa, non solo per la mia città (Bari), ovvero quello della Dottoressa Paola Labriola, anche lei psichiatra, anche lei uccisa sul lavoro, anche lei vittima del dovere. La domanda esattamente adesso come allora era e rimane la stessa: ma esattamente com’è possibile che una psichiatra venga uccisa sul lavoro e dov’è la sicurezza per gli operatori sanitari?
Domanda che alla luce degli avvenimenti recenti non solo non trova risposta, ma viene anzi esacerbata e diventa sinceramente violentemente inascoltata. Di quante altre aggressioni, di quante altre vite avremo bisogno prima di garantire finalmente la sicurezza dei nostri operatori sanitari? A partire proprio da quei settori dove questi episodi sono più frequenti?
A queste domande né le ASL né la politica sanitaria fornisce risposta, anzi le previsioni non sono affatto rosee, l’autonomia differenziata da un lato stritolerà le regioni meridionali dirottando le poche risorse verso le regioni più ricche del nostro paese, dall’altro lato come attestato dall’ultima nota di aggiornamento del DEF la spesa sanitaria si ridurrà in rapporto al PIL dal 6,9% del 2022 al 6,2% del 2026.

Programmi e numeri del DEF 2023 confermano che, in linea con quanto accaduto negli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta una priorità politica neppure per l’attuale Esecutivo. La sanità rimane un bancomat per la facile aggredibilità della spesa pubblica e nei rari casi di crescita economica i benefici per il SSN non sono mai proporzionali, rendendo impossibile rilanciare il finanziamento pubblico

Nino Cartabellotta, Presidente Fondazione GIMBE

Possiamo ben immaginare di come questo taglio non andrà certamente a beneficio degli operatori sanitari e della loro sicurezza e resteranno anzi carne da macello per chiunque voglia rivalersi su di loro, in particolare nelle situazioni più difficili: psichiatria e pronto soccorso. Nel loro comunicato stampa la Società Italiana di Psichiatria è molto chiara:

Ogni giorno riceviamo decine di segnalazioni di fatti minori ma non per questo meno importanti. Non si tratta di episodi isolati, ma più che quotidiani, quasi orari. La psichiatria, secondo i dati Anaao-Assomed è la branca della medicina più colpita da questi episodi (il 34%), seguita dai pronto soccorso (20%). Ma nessun operatore sanitario ne è esente. Inoltre, molti episodi minori non vengono segnalati mentre dovrebbero essere identificati come ‘eventi sentinella’. Episodi che pongono la questione enorme della sicurezza degli operatori

Emi Bondi, presidente Società Italiana di Psichiatria

Se ci mettiamo a fare un semplice due più due il budget finirà certamente per essere più importante della sicurezza, un paradigma inaccettabile alla luce dei rischi che vivono ogni giorno i medici e che non possiamo più permetterci moralmente e praticamente. Non solo per una banale questione di salute pubblica ma anche per il nostro benessere come collettività, negli ultimi decenni trascurato in nome di un benessere individuale impossibile senza quello collettivo ed in una società instabile ci sarà sempre più bisogno di salute mentale, ci piaccia o meno. E senza le risorse economiche ed umane gli unici a potersi curare saranno soltanto coloro che potranno permetterselo.

Vi lascio qui sotto la riflessione di un bravissimo psichiatra e divulgatore scientifico nell’ambito della salute mentale Valerio Rosso, il quale può arricchire il nostro punto di vista su questa vicenda

Volevo infine congedarmi con una mia riflessione personale, ben sapendo di non poter mettere un punto su una così grande tragedia. Non lasciamoci prendere dallo sconforto, chiediamo invece dei cambiamenti strutturali, ne ha bisogno la sanità e ne abbiamo bisogno noi come società, i medici non sono praticamente mai responsabili della malasanità e su di loro non va né rovesciata la colpa né tantomeno la nostra rabbia. Se vi tocca aspettare svariati mesi per una visita specialistica o una dozzina di ore in pronto soccorso non è certo il medico che non vuole lavorare, dobbiamo sempre ricordarci di essere dei pazienti ed in quanto tali avere pazienza con tutti gli operatori sanitari, non saranno sempre belli, non saranno sempre gentili, fanno del loro meglio come tutti.
Se siete proprio incazzati dovete prendervela con chi fa le leggi e chi gestisce le risorse, la strategia non viene decisa dai medici, ma nei consigli regionali, in parlamento, dal governo, sono loro i soli responsabili.

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Stefano Scoppio

Stefano Scoppio

Fervente appassionato del periodo più sfigato della letteratura italiana (gli anni '90), pieno di passioni multiformi e contraddittorie. Scrivo per il mio diletto e nella speranza di suscitare una riflessione