Aversa. “Cimmeforum” sull’antirazzismo. Stasera in programmazione “American History X” (1998) di Tony Kaye alle 21:30 presso Casa Cimmino. L’iniziativa è in collaborazione con il collettivo “L’immagine del tempo”. Intervista a Marco Palladino, membro del collettivo.

Aversa. Parte stasera alle 21:30 il “Cimmeforum” sull’antirazzismo presso il locale Casa Cimmino organizzato in collaborazione con il collettivo “L’immagine del tempo”.

L’iniziativa prevede un ciclo di quattro proiezioni sul tema dell’antirazzismo nel cinema degli ultimi trent’anni. Quattro incontri, quattro film scelti come punto di partenza per la discussione; ogni proiezione sarà anticipata da una presentazione iniziale. L’iniziativa è ad ingresso gratuito.

Alle 21:30 di stasera, durante il primo incontro, sarà proiettato “American History X” di Tony Kaye, uscito nelle sale statunitensi nell’ottobre del 1998 basato sulla sceneggiatura di David McKenna. Il film è ambientato nella Los Angeles degli anni ’90, scossa dal caso di cronaca del tassista afroamericano Rodney, pestato a morte da quattro agenti, che successivamente furono assolti. Questa assoluzione fece divampare a Los Angeles nel 1992 una serie di rivolte, meglio note come “Rodney King Uprising”.Il collettivo,con la proiezione cinematografica dell’opera prima di Kaye, si propone di riprendere le trame del discorso sul rapporto strutturale tra capitalismo e razzismo a partire dalle vicende dei due fratelli Derek e Danny, il primo, skinhead ex neonazista, e il secondo che vive nel mito del primo. Una sorta di racconto di formazione che ripercorre l’iter di redenzione dei protagonisti con i quali lo spettatore tenta di risalire alle radici dell’odio verso l’altro.

Scopriamo maggiori dettagli intervistando Marco Palladino, uno dei membri del collettivo.

Quale esigenza ha spinto il collettivo “l’immagine del tempo” alla realizzazione di questa iniziativa cinematografica sull’antirazzismo e perché ha deciso di utilizzare come “medium” proprio la settima arte?

«Quando siamo nati come collettivo nel 2023, avevamo la necessità di creare degli spazi di dialogo a partire da un’ arte, il cinema, che rappresenta, a nostro modo di vedere, la sublimazione di tutte le arti. Pensiamo, con Tarkovskij, che il cinema sia la scultura più fedele del tempo interiore, di quel tempo che non può essere misurato dagli orologi».

Quali obiettivi vi siete prefissati durante la strutturazione di questo cineforum sull’antirazzismo?

«Il ciclo sull’antirazzismo nasce dall’esigenza di decolonizzare gli spazi della periferia, sovente, soggetti a conflitti sociali e razziali. Il nostro obiettivo è quello di mostrare il nesso tra la colonizzazione capitalistico-borghese e “l’espulsione dell’altro”. Crediamo sia possibile aprire luoghi di riflessione attraverso le immagini di alcuni cult degli ultimi decenni. In questo senso, assecondiamo ciò che diceva Volonté: il cinema è politico anche quando vuole essere impolitico. Lo scopo, ovviamente, è diverso da quello che si prefigge una rassegna. La rassegna mantiene ancora una struttura “frontale”. Il cineforum è la messa in discussione di questa struttura. Il protagonista non è chi propone il ciclo, ma il pubblico: le loro domande, le loro riflessioni».

Quali film sono in programma e su quali temi verterà il dibattito?

«I film scelti sono: American History X di Tony Kaye in programma il 6 novembre, la Haine di Mathieu Kassovitz previsto per il 13 novembre, Gran Torino di Clint Eastwood sarà proiettato il 20 novembre e per finire District 9 di Neill Blomkamp il 4 dicembre. Due film americani, uno francese e un altro di un regista canadese-sud africano. Avrei potuto scegliere altri film, alcuni classici imprescindibili, come “Il buio oltre la siepe”, “Do the right thing”, “Get out”, “Missisippi Burning”. Ma ho scelto proprio questi proposti per il cineforum perché credo mettano a tema l’idea di Levinas: l’altro è, innanzitutto, l’indesiderabile, l’infinito che mette in discussione la mia totalità. Prima di essere il volto in cui si inscrive il comandamento biblico, “Non uccidere”, l’altro è il respingente.

Questi film tematizzano una conversione, dall’odio, dall’idea che l’altro sia inferno (Sartre), all’idea che l’altro sia la possibile traccia del sacro, dell’inviolabile. Il cinema, questo cinema, educa a questa metanoia morale».

Il cinema, in iniziative del genere, si configura come un laboratorio d’analisi sociale, in cui è possibile vedere proiettate sullo schermo le conseguenze cui la società va incontro se non pone fine all’ondata d’odio che sta sobissando il mondo, sin dalla più tenera età.

Marianastasia Lettieri

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