AFGHANISTAN. TAGLIAFERRI (Azione Cristiani Perseguitati): “TEMIAMO PER I NOSTRI MISSIONARI. I TALEBANI NON ESITERANNO A UCCIDERE I CRISTIANI”

“In queste ore è difficile anche stabilire un contatto con i nostri missionari e collaboratori presenti a Kabul e in Afghanistan. Per farlo, il nostro responsabile locale utilizza canali di comunicazione criptati. Le foto e le notizie che ci giungono sono drammatiche: i Cristiani sono ritornati in queste settimane a vedersi segretamente”.

Lo rende noto Giovanni Tagliaferri, napoletano, direttore di “ACP Italia – Azione Cristiani Perseguitati”, una rete internazionale che assiste i Cristiani perseguitati nel mondo.

“La situazione in Afghanistan è molto tesa e particolarmente pericolosa per tutti i cristiani. Molti afghani credenti vorrebbero lasciare il loro paese ma non possono e sono costretti tenere nascosta la loro fede per sfuggire alla persecuzione e alla morte: vivono un clima di terrore”, spiega Tagliaferri.

“Nonostante uno sforzo senza precedenti – aggiunge – stiamo avendo difficoltà ad organizzare un corridoio umanitario che in qualche modo stiamo riuscendo a realizzare. Per ora abbiamo raggiunto 200 famiglie e 150 bambini con i nostri aiuti, ma è ancora troppo poco. Nelle

ultime ore abbiamo perso i contatti con alcuni nostri collaboratori e siamo molto preoccupati: lo Stato islamico appena nato perseguiterà i nostri fratelli Cristiani”.

“Noi siamo pronti ad intervenire non solo con degli aiuti umanitari ma anche con la nostra presenza e non escludiamo la possibilità di organizzare una spedizione in Afghanistan: non abbandoneremo i nostri fratelli, significherebbe violare i nostri principi, tradire la nostra missione ed il Vangelo a cui ci ispiriamo”, sottolinea il direttore di Acp Italia.

“Anche noi, purtroppo, abbiamo ricevuto segnalazioni secondo cui membri dei talebani stanno andando di casa in casa in alcuni villaggi per trovare coloro che negli ultimi anni hanno lavorato per il governo, per le Ong o per le organizzazioni straniere. Senza un adeguato e rapido impegno internazionale queste persone – conclude – rischiano l’arresto, la reclusione o persino la morte”.