30 NOVEMBRE 1975, SIRACUSA-REGGINA 2 a 1. Con una rovesciata acrobatica da antologia, Stanislao Bozzi realizzò la rete più bella della storia del Siracusa calcio.
di Giuseppe Zingarelli
L’attaccante di Apice, per tre stagioni in forza ai “Leoni” di Sicilia, nel campionato di Serie C 1975-76, siglò in Siracusa-Reggina una eccezionale “doppietta”. La rete del pareggio aretuseo fu realizzata da Bozzi con una rovesciata acrobatica da antologia del calcio. Con il Foggia, il funambolico centravanti fu già protagonista di altre due favolose rovesciate. A Genova, contro la Sampdoria ed a Foggia, contro il Lanerossi Vicenza.
Domani, domenica 19 maggio 2024, allo stadio “Nicola De Simone” di Siracusa si disputerà la finale play-off di Serie D tra gli “azzurri”, allenati da mister Fernando Spinelli e la Reggina di mister Bruno Trocini, una vecchia conoscenza del calcio calabrese. Trocini, 50 anni, guidò già il Rende, oltre ad aver allenato in passato la Virtus Francavilla e il Potenza. L’allenatore degli “amaranto” sottoscrisse ad inizio stagione un contratto annuale. Dall’inizio della stagione 2023-24, il presidente dei calabresi, Virgilio Minniti, sta lavorando al progetto Reggina Calcio con una nuova denominazione: “La Fenice Amaranto”. Un programma che è mutato anche nell’ambito del settore della comunicazione, da lui affidata ad un nuovo manager. Nel corso del Campionato di Serie C appena concluso, nel girone I della Serie D, si sono date battaglie molte compagini: Il Trapani, il Siracusa, l’Acireale e la Reggina. Il Trapani ha dominato il suo girone. La Serie D, in questa stagione, ha fatto registrare un “record” di sorprese per quanto concerne le promozioni. L’Alcione, novità assoluta per Milano, terza squadra meneghina dopo Inter e Milan, si è imposto nel suo girone con 79 punti, Il Caldiero Terme, altra lieta sorpresa, di punti ne ha totalizzati 77, l’inatteso Union Clodiense 80 punti, il Carpi e la incredibile Pianese, 68 punti, il Campobasso, come la Cavese, 78 punti, il Team Altamura, 72 punti. Nessuno, quindi, ha fatto meglio dei “granata” di Torrisi, i quali nell’ultima giornata di campionato hanno liquidato con una sonante e roboante vittoria, il Città di Sant’ Agata, con il risultato di 4 a 2, totalizzando ben 94 punti. Record di tutta la categoria. Anche il Siracusa di Spinelli, secondo in classifica con 81 punti, ha chiuso col “botto” il campionato, superando in trasferta il Real Castelnuovo di “mister” Esposito, con un roboante 4 a 3. Sarà, dunque, Siracusa-Reggina la finale dei play-off di Serie D, girone I. Il Siracusa si è imposto con una perentoria vittoria per 3 a 0 sull’Acireale, la Reggina ha sconfitto di misura la Vibonese per 1 a 0. Per la cronaca, i siciliani hanno battuto sia all’andata che al ritorno i calabresi: 2 a 1 al “Granillo” e 1 a 0 in casa lo scorso 28 gennaio. L’attesissimo match di domenica prossima, Siracusa-Reggina, ci riporta indietro nel tempo. L’orologio della storia ferma le sue lancette al 1975. Un anno denso di molti avvenimenti importanti, in Italia e nel mondo. Le arcane e misteriose vicende del terrorismo dipinsero un quadro molto fosco e assai convulso nel nostro Paese. Mentre il Portogallo nel 1975 era precipitato sull’orlo della guerra civile, l’ex presidente, Maria Helena Spinola, riparava in Sudamerica, preparando così il campo alle elezioni che premiarono il fronte socialista con circa il 64% dei suffragi, scoppiò una crisi tra socialisti e militari, ma la cosa che non evitò che anche nel Paese in cui si verificarono le apparizioni della Madonna, a Fatima, l’esercito assumesse i pieni poteri. Negli Stati Uniti d’America, il presidente Gerald Ford subiva il secondo attentato in meno di due settimane mentre in Grecia furono condannati a morte gli autori del colpo di Stato del 1967, un colpo di Stato che aveva instaurato per circa 7 anni la dittatura dei “Colonnelli”, un regime dittatoriale militare di ispirazione fascista. In Germania, Gunter Guillaume, ex segretario di Willy Brandt, all’epoca Cancelliere Federale tedesco, veniva condannato a 13 anni di reclusione per spionaggio in favore dell’ex Unione Sovietica. La Cina nazionalista di Mao dava l’ultimo saluto al presidente Chiang Kai-Shek. In Italia, la situazione del Paese non era meno turbolenta che altrove. In quel 1975, la Camera dei deputati aveva approvato la legge che introduceva il diritto di voto per i diciottenni. Era l’anno in cui un tranquillo impiegato-modello del Comune di Empoli, il neofascista Mario Tuti, veniva raggiunto da un mandato di cattura per una serie di attentati a treni e tralicci, per aver ucciso il brigadiere di Pubblica Sicurezza, Leonardo Falco e l’appuntato Giovanni Ceravolo, i quali erano andati a prelevarlo nella sua abitazione. Tuti si dava alla latitanza, tant’è che successivamente, la magistratura lo indicherà come l’autore della strage dell’Italicus, una strage che si verificò la notte del 4 agosto 1974, quando una bomba ad alto potenziale esplose sul treno “Italicus” proprio mentre il convoglio transitava all’interno della galleria di San Benedetto Val di Sambro, sull’Appennino bolognese. Una strage che costò la vita a 12 persone. Mario Tuti verrà poi individuato e arrestato in Francia. In quello stesso periodo, con l’aiuto di un commando delle Brigate Rosse, Renato Curcio, uno dei capi fondatori del movimento più eversivo e sanguinario italiano, evadeva beatamente dal carcere di Casale Monferrato, anche se in seguito, verso la fine di quello stesso anno, le Forze dell’Ordine riuscirono a catturarlo nuovamente a Milano. Era l’anno in cui un altro terrorista di Ordine Nuovo, Gianfranco Bertoli, venne condannato all’ergastolo per essere stato individuato dai giudici come l’autore della strage di Milano, un altro attentato terroristico verificatosi in Italia il 17 maggio 1973, in conseguenza del quale, verso le 11 del mattino, in Via Fatebenefratelli, davanti alla Questura di Milano, quattro persone rimasero uccise e ben 52 riportarono ferite di una certa gravità, a causa di un ordigno che venne fatto esplodere in mezzo ad una nutrita folla di persone riunite per celebrare la cerimonia di commemorazione del commissario Luigi Calabresi, ucciso un anno prima, nel 1972, in un attentato di matrice estremista di sinistra. Proprio oggi, si commemora, riguardo a quei fatti, il 51°anniversario. Era, il 1975, l’anno in cui, nel corso del XVI Congresso del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer poneva le basi portanti per fondare la strategia del “Compromesso storico” tra comunisti e cattolici democristiani, stringendo qualche anno dopo, il 28 giugno 1977, la mano ad Aldo Moro, per cercare di costruire una inter-collaborazione DC-PCI, capace di riscrivere una nuova storia d’Italia, restituendo all’Italia posizioni di minore sudditanza politica nei confronti della politica europea e della politica internazionale. Era, il 1975, l’anno in cui a Milano, nel corso di manifestazioni studentesche si verificavano proteste e scontri ideologici che sfociavano in violenze e sconti e, dove spesso, si registravano anche vittime. Era, il 1975, l’anno dell’ergastolo dato in appello a Lorenzo Bozano, accusato dell’omicidio di Milena Sutter. Era, il 1975, l’anno di un’Italia appena uscita dal periodo dell’“austerity”, un periodo caratterizzato dai drastici provvedimenti volti a contenere i consumi energetici, in seguito alla crisi petrolifera del 1973. Un’Italia che, in quel 1975, annotava vicende di cronaca nera come quella dei tre rampolli della Roma-bene che seviziarono due ragazze in una villa del Circeo, come il ritrovamento del corpo senza vita di Cristina Mazzotti, in un deposito di rifiuti nei pressi di Galliate, nel novarese. Un’Italia, quella del 1975, che vide la magistratura chiudere l’inchiesta della strage di Piazza della Loggia a Brescia, con la dichiarazione del neofascista Angiolino Papa, il quale confessò di essere stato uno degli esecutori materiali dell’attentato. Era, il 1975, l’anno in cui Pier Paolo Pasolini, alla periferia di Ostia, veniva ritrovato cadavere, ucciso da un ragazzo minorenne, il reo confesso Pino Pelosi, mentre in quello stesso periodo, moriva a Parigi il famosissimo armatore greco, il miliardario Aristotele Onassis, che aveva sposato Jacqueline Kennedy, vedova di John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente degli Stati Uniti d’America assassinato a Dallas il 22 novembre 1963. Mentre Saigon veniva occupata dai nordvietnamiti e la sanguinosa guerra in Vietnam aveva fine, Eddy Merckx uguagliava Girardengo, conquistando per la sesta volta la Milano-Sanremo. In quello stesso periodo, Gustavo Thoeni conquistava per la quarta volta la Coppa del Mondo di sci. Nel 1975, quattro squadre di club si imposero nei principali campionati di calcio in Europa. In Inghilterra lo scudetto lo vinse il Derby County, in Germania trionfò il Borussia Mönchengladbach, in Francia si imposero i “verdi” del Saint-Étienne ed i “Blancos” del Real Madrid conquistarono la vetta del calcio spagnolo. In Italia, la Lazio di “Long John” Chinaglia e del “biondino” di Nerviano, il Cecconetzer Re Cecconi, la Lazio dello storico primo scudetto di Tommaso Maestrelli, datato 1974, aveva consegnato il “tricolore” alla Juventus allenata da Carlo Parola che, in quel maggio del 1975, si era aggiudicata il suo 16° scudetto. Quel Carlo Parola, ex centro-mediano bianconero, che, fotografato in una portentosa rovesciata difensiva il 15 gennaio 1950 dal giornalista Corrado Bianchi, all’ 81°minuto di un noioso Fiorentina-Juventus, evitando con quel meraviglioso gesto atletico il vantaggio dei “viola “al Comunale di Firenze, divenne poi l’icona delle figurine “Panini”. Era la Juventus di Zoff, Capello, Altafini, Bettega, Damiani, Furino e dell’attaccante bianconero più forte di tutti i tempi in ‘Coppa Italia’, quel Pietro Anastasi da Catania, classe 1948. Proprio 48 anni fa, in quel 1975, alla vigilia di quel Siracusa-Reggina, precisamente il 29 novembre, moriva precipitando con il suo aereo l’ex pilota di Formula Uno, Graham Hill, tre volte campione del mondo. In quello stesso anno, sempre il 1975, la Ferrari vinceva con Niky Lauda il Mondiale di Formula Uno. Un anno storico, considerando che l’ultimo Campionato del Mondo, prima di quell’anno, la Ferrari se lo era aggiudicato nel 1964. Anno in cui il Bologna del presidente Renato Dall’Ara, allenato da Fulvio Bernardini, vinse lo scudetto spareggiando contro l’Inter. Una stagione calcistica consegnata alla storia del calcio italiano, in quanto quel 1964 fu l’unico anno in cui lo scudetto venne assegnato con uno spareggio. Giacomo Bulgarelli, Willian Negri, Antonio Renna, Helmut Haller, Mauro Perani, Romano Fogli, Francesco Janich e soci, festeggiarono quello storico “tricolore “con una secca vittoria per 2 a 0 contro i nerazzurri del presidente Angelo Moratti, allenati dal “mago” Helenio Herrera, facendo grande festa nel capoluogo felsineo. Come del resto, anche oggi il Bologna festeggia per la seconda volta nella sua storia il sospirato ritorno in Coppa dei Campioni, l’attuale “Champions League”, dopo 60 anni esatti. Sperando che questa volta vada meglio ai rossoblù felsinei. Beffati 60 anni fa, nella partita di ritorno, da una rete all’ 89°minuto dell’Anderlecht al “Comunale”, che non si chiamava ancora “Dall’Ara”. All’ andata il Bologna si era imposto a Bruxelles per 1 a 0, ma i belgi, a Bologna, con quella rete segnata allo scadere dal match, costrinsero il Bologna a giocarsi la bella al “Camp Nou” di Barcellona. Allora funzionava così. A Barcellona terminò 0 a 0 dopo i tempi supplementari. Non c’erano i rigori. L’arbitro spagnolo, Zariquiegui, alla presenza dei due capitani, Mirko Pavinato e Martin Lippens, estrasse dal taschino della sua giacca una monetina da 5 peseta. Se usciva l’aquila, passava il Bologna, se fosse uscito la faccia di “Francisco Franco”, sarebbe passato l’Anderlecht. Zariquiegui tirò la monetina. A causa del terreno pesante e pieno di fango, la moneta si conficcò di lato, non posizionandosi su una delle due facce. L’arbitro la estrasse, la rilanciò nuovamente e questa volta uscì la faccia di “Francisco Franco” e il Bologna se ne tornò a casa per colpa di una maledetta “peseta” spagnola. Era, il 1975, l’anno in cui dall’altra sponda calcistica di Torino, quella di fede torinista, la milizia “proletaria” granata organizzata da Orfeo Pianelli, stava affilando le “armi” di mercato per costruire quel Torino dei terribili “gemelli” del calcio nazionale dell’epoca, Ciccio Graziani e Paolini Pulici, che in quella stagione 1975-76, guidati da Gigi Radice, con Zaccarelli, Pecci, Claudio Sala e il giaguaro Luciano tra i pali, fecero impazzire di gioia i capi ultras della “Maratona”, vincendo lo scudetto. Era l’anno, il 1975, in cui nella hit-parade musicale italiana, diretta da Lelio Luttazzi, stabile in prima posizione, per molte settimane, veleggiava un certo Claudio Baglioni, con una sua mitica canzone dal titolo, “Sabato pomeriggio”. Un titolo che ricorda la vigilia della “sacro” pomeriggio domenicale nazionale, giorno in cui gli italiani, abbandonando ogni loro preoccupazione, si riversavano in massa allo stadio, accadeva sempre verso le ore 14,30, oggi non più, muniti della “sacra radiolina” tascabile, dalla quale ascoltavano, in qualsiasi posto essi si trovassero, le voci di Sandro Ciotti, Enrico Ameri, Roberto Bortoluzzi e compagnia, per seguire i risultati delle partite in schedina e le sorti della loro squadra del cuore. Dimenticando ogni sorta di problema che li affliggeva nel corso della settimana lavorativa, moglie e figli compresi. Era, il 1975, l’anno in cui i Pink Floyd aggiungevano un’altra perla al loro leggendario “The Dark side of the Moon”, pietra miliare della musica rock internazionale. Usciva, infatti, il 33 giri, “Wish you were here”, altro capolavoro della famosa “Band” britannica. Nell’estate di quello stesso anno, canzone gettonatissima ai Jukebox italiani era “Ancora tu”, di Lucio Battisti. In quel 1975, si venne a sapere che Sir Paul McCartney, il bassista degli strepitosi Beatles, era un fan di Lucio Battisti. A Sir Paul piacevano moltissimo le canzoni cantate da Battisti, i cui testi erano scritti con la compartecipazione dal geniale Giulio Rapetti, in arte Mogol. Non bisogna stupirsi del fatto che il duo Battisti-Mogol e il duo Lennon-McCartney, di fatto, si equivalevano per qualità musicale. Paul McCartney, infatti, acquistava puntualmente gli album del cantautore di Poggio Bustone appena essi erano pubblicati sul mercato discografico. Nel settembre del 1975, Antonello Venditti pubblicò un famoso Long Playing, edito dalla RCA, etichetta azzurra, come i colori del Siracusa, intitolato “Lilly”. L’album aveva una suggestiva copertina, tutta rossa, realizzata graficamente con i ritagli sparpagliati di articoli di quotidiani, evidenzianti nella parte bassa della copertina, il profilo di una ragazza. In quel 33 giri Venditti incise una canzone, “Compagno di scuola”, il cui testo ammaliò generazioni di ragazzi che scrissero il sessantotto, i cui strascichi si ripercossero anche negli anni successivi. Il cantautore romano in quella canzone cantava i dubbi, le ansie, le paure, gli interrogativi, i primi amori di quegli adolescenti che scrissero la storia dei movimenti studenteschi sessantottini e post-sessantottini, i quali animarono in modo vibrante le proteste socio-ideologiche di quel turbolento periodo storico che si ripercosse, come un’onda lunga, per tutti gli anni ’70. Furono i “ragazzi” del 1949, oggi settantacinquenni, quelli che in quel 1975 avevano circa 15-16 anni, i protagonisti di quel desiderio di riscatto che vissero in prima persona quel marcato desiderio di voler cambiare quella società italiana che non assicurava loro un futuro di pace, di giustizia e di uguaglianza sociale. Venditti cantava in “Compagni di scuola” di ragazzi spenti nell’entrare in classe al suono monotono di una campanella che squillava, puntuale, alle otto e trenta. Ragazzi sofferenti al cospetto del professore che ti leggeva sempre la stessa storia, nello stesso modo, sullo stesso libro, con le stesse parole, dopo quarant’anni di onesta professione. Venditti, nato sotto il segno dei pesci, barbuto, di sinistra, con i suoi insostituibili occhiali a goccia, da Top-Gun, tifosissimo della Roma, si chiedeva chi non si fosse mai innamorato a scuola della ragazza del primo banco, spesso la più carina, ma che di solito si rivelava, in molti casi, essere anche la più cretina della classe, chiedendosi se fosse ancora utile ed opportuno studiare la “Divina Commedia”, dal momento che i giovani della sua generazione erano ideologicamente e politicamente impegnati in una intensa lotta per innestare un mutamento di rotta alla barca “Italia” di quel periodo storico. In quella famosissima canzone del 1975, Venditti si chiedeva chi veramente fosse stato Dante Alighieri, un uomo libero o chissà, un servo di partito, immaginando Friedrich Nietzsche e Karl Marx seduti davanti ad un bar intenti a stringersi la mano ed a discutere tra loro di politica, quella vera, intesa come un’ “arma” di lotta da utilizzare per migliorare i consorzi umani ed eliminare, per quanto possibile, le diseguaglianze tra le classi sociali. Il cantautore romano, da sempre sensibile ai giovani, ai problemi dei giovani e ai problemi della scuola, tanto da dedicare agli studenti nel 1984 una canzone, “Notte prima degli esami”, scrisse “Compagno di scuola” in un periodo in cui la claudicante e malandata politica dell’epoca, specchio di quella attuale, sia pur a fatica, risvegliandosi da un lungo letargo, si era finalmente accorta del ruolo fondamentale che i giovani, speranza e futuro di ogni Paese, rivestono nelle dinamiche di un contesto sociale e si era finalmente accorta che i giovani in quel periodo, come forse anche nel periodo attuale, erano visibilmente insoddisfatti dell’andamento della vita del Paese. In Italia, dopo la conquista dello scudetto da parte della Lazio allenata da Tommaso Maestrelli, era il 12 maggio 1974, Lazio-Foggia 1 a 0, a riguardo dell’allenatore delle “Aquile Biancocelesti”, ormai protagonista indiscusso del calcio italiano, ex allenatore del Foggia, gli italiani avevano appreso tutto quello che c’era da sapere. Gli italiani avevano appreso che il Foggia era stato il grande amore di Tommaso Maestrelli, assai dispiaciuto e quasi mortificato di aver vinto quello scudetto proprio ai danni della sua squadra del cuore. Gli italiani, leggendo di Maestrelli, avevano anche appreso che l’allenatore dello storico “tricolore” biancoceleste, nel 1966, per un nulla non era riuscito a portare in Serie A la Reggina. In quella Reggina del presidente Oreste Granillo, allenata da Maestrelli, militavano Carlo Mupo, Peppino Santonico, Luciano Gallusi, Achille Baldini e il “bomber” Roberto Rigotto”. Quella Reggina totalizzò 45 punti al termine di quel campionato cadetto. Piazzandosi a ridosso del Venezia, del Lecco e del Mantova. Le tre squadre che in quella stagione furono promosse in Serie A, totalizzando, rispettivamente, 49, 48 e 46 punti. Per un solo punto, quindi, la Reggina di Maestrelli mancò l’appuntamento con la storia. Era la stagione 1965-66, l’anno in cui il Sud era rappresentato in Serie A dal Catania, dal Cagliari, dal Napoli e dal Foggia, mentre Messina, Palermo, Catanzaro e Reggina giocavano in Serie B. A Siracusa, il Sud del Sud dell’Italia, una latitudine insolita nel mondo del calcio, spesso attratto dalle storie, dagli aneddoti e soprattutto dalle “imprese” nazionali ed internazionali degli squadroni del “nord”, quali la Juventus, il Milan e l’Inter, si giocò 48 anni fa una gara particolare. Era una domenica dal clima mite. Nella città che probabilmente diede i natali ad Archimede, celebre fisico e matematico, si respirava un’aria quasi natalizia. Nella antichissima città aretusea, fondata intorno al 734 Avanti Cristo dai coloni greci di Corinto nella famosa isola di Ortigia, cuore pulsante di Siracusa, una città nota anche per il suo bellissimo Teatro greco e per il Parco Archeologico, allo stadio “Vittorio Emanuele III”, oggi stadio “Nicola De Simone”, i “Leoni” azzurri allenati da Ulderico Sacchella, scendevano in campo contro la Reggina per disputare la 12° giornata del campionato di Serie C, Girone C. Siamo nella stagione 1975-76. Si giocava Siracusa-Reggina. La partita venne peraltro anche inserita nella schedina Totocalcio di quella domenica. In Serie A si giocavano 3 partite di cartello: Napoli-Milan, Inter-Fiorentina e Roma-Torino. Per la Serie B erano state inserite in schedina, Palermo-Reggiana, Spal-Varese e Ternana-Foggia. Per la Serie C, figuravano Vigevano-Mantova e Siracusa-Reggina. Era il Siracusa di Maria Nicotra-Verzotto, la Reggina di Oreste Granillo, l’ex assessore comunale delle Democrazia Cristiana ed ex Sindaco di Reggio Calabria che per 17 anni fu anche a capo del sodalizio societario “amaranto”. Un politico arguto ed un dirigente sportivo capace, cui la città di Reggio Calabria e la Reggina Calcio, indubbiamente, devono grande rispetto e grande riconoscenza. La Reggina Calcio di Oreste Granillo, all’epoca, era allenata da Carlo Regalia. In quel campionato di Serie C 1975-76, figuravano squadre come il Lecce, allenato da Mimmo Renna, il Marsala, allenato da Fernando Veneranda, il Bari, allenato da Gianni Seghedoni, la Nocerina, allenata da Antonio Pasinato, il quale porterà nel 1982 il Campobasso per la prima volta nella sua storia in Serie B, il Messina, allenato da Bruno Bolchi, lo stesso Campobasso, allenato da Lino De Petrillo, l’Acireale, allenato da Dino Bovoli, la Pro Vasto, allenata da Renzo Uzzecchini. Insomma, squadre storiche del Mezzogiorno italiano. Ad assistere a quell’ incontro, Siracusa-Reggina, seduto in tribuna, vi era lo stesso presidente Oreste Granillo con la signora Verzotto-Nicotra, all’epoca Amministratrice unica dei “Leoni” di Sicilia. Il politico democristiano Graziano Verzotto, di origine veneta, trasferitosi a Siracusa, assunse agli inizi degli anni ’70 le redini della società aretusea che ebbe nel calciatore Amedeo Crippa la sua bandiera storica, avendo questi totalizzato in maglia “azzurra” ben 462 presenze in 14 anni di militanza con gli “azzurri” siracusani. Quel campionato 1975-76, per la società aretusea fu un anno difficile sotto l’aspetto economico. Il presidente Verzotto venne coinvolto da una serie di problemi giudiziari che lo costrinsero a scappare dall’Italia ed a lasciare la presidenza alla moglie, la signora Maria Nicotra. La Reggina, come sappiamo, è squadra che vanta numerose stagioni in Serie A. Gli amaranto hanno disputato ben 9 stagioni nel massimo campionato nazionale, vantando una striscia significativa per una squadra del Sud: ben 7 campionati consecutivi giocati in Serie A. Una striscia importante. Non si possono dimenticare alcuni nomi altisonanti che hanno allenato gli “amaranto” di Reggio Calabria ai tempi del presidente Lillo Foti: Franco Colomba, Emiliano Mondonico, Luigi Di Canio, Giancarlo Camolese, Walter Mazzarri, Bortolo Mutti, giusto per citarne alcuni. Come del resto, non passano certo inosservati nomi altrettanto noti di calciatori importanti nella panoramica del calcio italiano, nomi che hanno militato non solo nelle fila dei “granata del Sud”, ma anche nelle fila di altri importantissimi e prestigiosi club. Parliamo di Fabio Pecchia, Gian Luigi Lentini, Davide Possanzini, il portiere Massimo Taibi, Fabio Galante, il portiere Luca Bucci, Andrea Silenzi, Francesco Cozza, Davide Di Michele. Sotto la direzione arbitrale del signor Pietro Governa, della sezione di Alessandria, Siracusa e Reggina, il 30 novembre 1975, attraversando il sottopassaggio dello stadio aretuseo, si dirigono verso il cerchio di centrocampo. La Reggina di Carlo Regalia, reduce da tre pesanti ed inattese sconfitte consecutive, precisamente contro il Benevento in trasferta, contro il Bari in casa e poi ancora sconfitta in trasferta a Messina, non ha più intenzione di rimediare brutte figure. Inizia la gara e la Reggina parte subito all’attacco. Facendo capire che avrebbe giocato per vincere. Dopo un paio di manovre offensive concluse con due tiri verso la rete difesa da Avagliano, alla terza azione manovrata, i calabresi vanno in vantaggio. Al nono minuto, Belluzzi si avventurava in una convincente discesa sulla fascia destra. Cross al centro dell’area del Siracusa. Ben piazzato a pochi passi dalla porta siciliana, si faceva trovare pronto all’appuntamento con il goal una specie di “colosso di Rodi”, l’attaccante Fabio Enzo, uno che in Italia ha giocato ovunque, Cesena, Novara, Roma, Napoli, Verona e Foggia, tanto per citare solo alcune delle squadre in cui ha militato. Dunque, 0 a 1 e Reggina in vantaggio. Il Siracusa rimaneva tramortito dalla “doccia fredda”. Per qualche minuto i “Leoni” apparivano disorientati e impauriti al cospetto della Reggina. A sua volta, la squadra di Regalia avvertiva di aver colpito a freddo i padroni di casa e contava, in cuor suo, di chiudere subito la partita per poi controllarla a piacimento. Ma nel calcio, si sa, ragionamenti e logica, contano ben poco. Dopo qualche minuto di comprensibile sbandamento, gli “azzurri” si scuotevano e con Filipponi, cercarono subito di imbastire una trama offensiva. Il calciatore del Siracusa riusciva a saltare un paio di avversari ed effettuava uno spiovente al centro dell’area reggina. Un invito a nozze per uno che si chiama Stanislao Bozzi. L’attaccante di Apice, ex calciatore di Padova, Avellino, Benevento, Nocerina e Foggia, vede il pallone andare in alto, al centro dell’area di rigore. Decollando in cielo, inarcandosi all’indietro, spalle alla porta, con la leggerezza di un passero ed l’eleganza morbida e felpata di un felino, Bozzi si presentava all’appuntamento con la storia. Una stupefacente e spettacolare rovesciata acrobatica. Le cronache sportive dell’epoca attestano l’eccezionale prodezza. Bozzi lasciò letteralmente di stucco compagni di squadra ed avversari. Una rovesciata leggendaria, calciata con una potenza straordinaria. Una rovesciata al fulmicotone, degna del miglior Meazza, il famosissimo calciatore dell’Inter, recordman di reti realizzate con la maglia nerazzurra. La sforbiciata di Bozzi è portentosa. Un gesto tecnico di rarissima bellezza. Una prodezza da cineteca. La palla colpita con potenza e precisione andò a gonfiare, sotto la traversa, la rete della porta difesa da Maurizio Castellini, all’epoca portiere della Reggina. Il numero uno “amaranto”, pur compiendo un volo prodigioso, non poté opporsi alla maestosa prodezza dell’attaccante sannita. Quel pareggio siglato intorno al dodicesimo minuto del primo tempo da Stanislao Bozzi entrò nella storia della società siciliana, nella storia del calciatore e nella storia del calcio italiano. È indubbiamente la rete più bella della storia del Siracusa Calcio. Una rovesciata da antologia che ha fece vibrare gli spalti del “De Simone”. Una lunga ovazione venne tributata a Bozzi dagli spalti. Fortunato chi può dire: “Io c’ero e ho visto con i miei occhi quella prodezza!”. Il presidente Oreste Granillo, in piedi, come in piedi erano tutti in tribuna, applaudì sportivamente. La Applausi scroscianti anche da parte di tutti i tifosi reggini recatisi a Siracusa per sostenere la squadra nella trasferta oltre lo Stretto. Una rete straordinaria da trasferire di peso nei manuali della storia del calcio. A tal riguardo, vennero inoltrate richieste presso gli Uffici di RAI-SPORT per cercare di rinvenire, se possibile, i filmati di quella rete da cineteca, il cui esito per il momento non ha sortito alcun esito. Dopo quell’indimenticabile pareggio siglato del centravanti di Apice, un piccolo paese sito in provincia di Benevento, la gara cambiò storia. Gli avanti di Sacchella iniziarono a scrivere un’altra partita in campo, iniziando a tirare in porta da tutte le angolazioni, tal che Maurizio Castellini, dopo qualche minuto, doveva volare sulla sua destra, esibendosi in una miracolosa respinta, una parata da campionissimo, per togliere letteralmente dalla rete un gol fatto, un tiro scagliato da posizione impossibile e con incredibile potenza, su calcio di punizione dell’attaccante Paolo Mangiapane. Castellini si superava e i tifosi aretusei, sportivamente, gli tributarono applausi a scena aperta. Il portiere Maurizio Castellini, nato a Pellegrina, in provincia di Verona, omonimo di Luciano Castellini, “il giaguaro” di Milano, che in quella stessa stagione con i più noti “granata” di Torino allenati da Gigi Radice, vincerà lo scudetto il 16 maggio 1976, giocò a sua volta anche nel Torino, nella Pro Vasto, nel Livorno e nel Chievo Verona. Dopo la parata capolavoro di Maurizio Castellini, la partita tra Siracusa e Reggina riprese. Si registrò una nuova e dilagante azione offensiva del Siracusa che per ben quattro volte calciò la sfera, consecutivamente, verso la porta del portiere calabrese. Il pallone, per quattro volte, rimbalzò come una pallina impazzita nei flipper, incocciando, neanche avesse un incredibile radar incorporato, gambe e stinchi dei difensori reggini, terminando in calcio d’angolo. Il pubblico applaudì entusiasta e divertito. Si sentiva che era una partita già entrata nella storia. Qualcuno aveva il timore che lo spettacolo regalato dal Siracusa nel primo tempo, potesse aver sottratto energie ai “Leoni”, i quali avrebbero pagato dazio al cospetto di un possibile ritorno degli avversari nel corso della ripresa. Non fu così. Nella ripresa, i ragazzi di Sacchella, contrariamente alle previsioni, continuarono a macinare chilometri in campo. Le manovre di gioco dei “Leoni” furono lucide, ariose ed efficaci. Gli “azzurri” disegnarono in campo geometrie che deliziarono il pubblico. I sogni di gloria della Reggina a Siracusa, si infransero e naufragarono progressivamente contro gli schemi tattici operati da “mister” Sacchella. Qualche minuto più tardi si registrò un tiro fortissimo di Restivo verso la porta calabrese, con palla che schizzò di poco a lato della porta difesa da Castellini. Trascorse ancora qualche minuto e il Siracusa ci riprovava. Palla di poco a lato. La Reggina sembrava frastornata a centrocampo, incapace di ragionare. Bloccata nel reparto in cui avrebbero dovuto svilupparsi le fonti del gioco della compagine calabrese. A quel punto della gara la Reggina avrebbe firmato per il pareggio. Al minuto 59, la svolta dell’incontro. Rappa, il motorino del Siracusa, filava via in progressione e scodellava un lungo cross in area “amaranto”. Mangiapane, che seguiva l’azione, in tuffo, si avventava sul pallone tentando di colpire di testa la sfera senza riuscirci. Dietro di lui, però, spuntava di nuovo l’irresistibile Stanislao Bozzi, in quella domenica “incubo” per Olivotto, Burla, Spadaro e compagni. Il centravanti beneventano, però un guizzo fulmineo e con una precisa scelta di tempo anticipava nettamente il suo marcatore. Con un tiro di collo pieno Bozzi batteva inesorabilmente, per la seconda volta, Castellini. Siracusa-Reggina 2 a 1. La Reggina cercò di reagire ma non riuscì più a riorganizzarsi. Il Siracusa, dal canto suo, per nulla pago del vantaggio ottenuto, continuava ad attaccare a testa bassa, cercando la terza rete. Il risultato non sarebbe più cambiato. L’arbitro Governa, concedendo qualche minuto di recupero, fischiava la fine delle ostilità. Siracusa batte Reggina 2 a 1. L’allenatore della Reggina, Carlo Regalia, a fine gara, ai giornalisti rilascerà la seguente dichiarazione: “A Messina abbiamo perso. Quantomeno avevamo la scusante di aver giocato bene!”. Al termine di quella 12° giornata di campionato, il Sorrento allenato da Gino Raffin balzava in testa alla classifica con 18 punti, tallonato dal Bari di Gianni Seghedoni, a quota 16 punti. Il Siracusa si portò al centro della classifica, con 13 punti, mentre la Reggina, dopo aver patito la quarta sconfitta consecutiva, rimase ferma a quota 10 punti. Una particolarità. In quel Bari, allenato da Seghedoni, giocava Costante Tivelli. Un attaccante che nel Foggia di Ettore Puricelli, affiancherà Stanislao Bozzi, costituendo una delle coppie offensive più prolifiche ed apprezzate della storia calcistica rossonera. Stanislao Bozzi non è nuovo a queste prodezze. Con la maglia del Foggia, il 9 novembre 1980, allo stadio “Luigi Ferraris” di Genova, sotto una pioggia fitta e battente, in un campo ridotto ad un pantano, il centravanti beneventano in Sampdoria-Foggia, Campionato di Serie B 1980-81, realizzò con una strepitosa rovesciata acrobatica, spalle alla porta, la meravigliosa rete che diede la vittoria ai rossoneri contro i blucerchiati. Il pallone venne calciato da Bozzi all’incrocio dei pali e Garella altro non poté fare che osservare la sfera entrare impietosamente in rete. Il compianto Garella e molti calciatori doriani, alla fine di quella partita, si complimentarono con l’attaccante “rossonero”. Due mesi più tardi, l’11 gennaio 1981, Bozzi si ripeté allo stadio “Pino Zaccheria” di Foggia. Librandosi in aria, con la leggerezza di una libellula, spalle alla porta, nell’incontro di Serie B, Campionato 1980-81, Foggia-Lanerossi Vicenza, il numero 9 rossonero arpionando il pallone con una favolosa sforbiciata aerea riuscì a battere il portiere veneto Massimo Bianchi, il quale, dopo essere salito in cielo con un volo plastico e maestoso, non riusciva ad opporsi al capolavoro balistico del centravanti sannita. Quel Foggia-Lanerossi-Vicenza terminò con la vittoria del rossoneri per 2 a 1. Un’altra rete siglata da Bozzi è entrata nella storia del calciatore e del Foggia. Anche se non fu realizzata con una rovesciata delle sue, la rete divenne altrettanto iconica. Bozzi la realizzò allo stadio “Romeo Menti” di Vicenza. La partita era Lanerossi-Vicenza-Foggia. Gara di ritorno del Campionato di Serie B, 1980-81, disputatasi il 7 giugno 1981. Inseguito da ben 4 difensori biancorossi, defilandosi sulla sua sinistra, il centravanti di Apice con il sinistro, non il suo piede preferito, fece partire un tiro che descrisse una incredibile quanto spettacolare traiettoria ad arco, una traiettoria semplicemente perfetta che andò ad insaccarsi all’incrocio dei pali, alla sinistra della porta difesa dal portiere Raffaele Di Fusco. La gara terminò con la vittoria del Foggia: 0 a 1. Le tre reti realizzate da Stanislao Bozzi con la maglia del Foggia in quel campionato di Serie B 1980-81, in particolare, le due strepitose rovesciate di Genova e di Foggia, possono essere indubbiamente considerate ed annoverate tra le reti più belle che siano mai state realizzate nella storia del club rossonero. Tre perle che si inseriscono di diritto nella top-five delle marcature “rossonere” più spettacolari di tutti i tempi. Ritornando al capolavoro acrobatico, da “antologia”, realizzato da Bozzi con la maglia del Siracusa, forse la rete più spettacolare della sua carriera, vi è da precisare che quel campionato di Serie C, girone C, 1975-76, fu vinto dal Lecce con 55 punti. Alle sue spalle si piazzò il Benevento, con 53 punti. Monza e Rimini, negli altri due gironi, rispettivamente nel girone A e nel girone B di quel Campionato di Serie C, furono promosse in Serie B, insieme al Lecce. Sempre nel 1975-76, dalla Serie B, invece, furono promosse in Serie A, il Genoa, il Catanzaro e il Foggia, mentre dalla Serie A, retrocessero in Serie B l’Ascoli, il Como e il Cagliari. Come detto, il Torino di Gigi Radice, in quel campionato 1975-76, vinse lo scudetto. Il Siracusa, al termine di quel campionato di Serie C, concluse il torneo posizionandosi al 13° posto della classifica, con 34 punti, mentre la Reggina terminò il campionato con 38 punti, raggiungendo un discreto 7° posto in classifica. Proprio con il Torino, Stanislao Bozzi esordì in Serie A in Torino-Fiorentina. Era l’8 novembre 1970. Il Torino allenato da Giancarlo Cadè, il Torino di Luciano Castellini, Aldo Agroppi, Angelo Cereser, Rosario Rampanti, Claudio Sala, Paolino Pulici, Natalino Fossati e Gianni Bui, quella domenica pareggiò per 1 a 1 contro i “viola” allenati dal “Petisso” Bruno Pesaola. Era la Fiorentina di Giancarlo De Sisti, Luciano Chiarugi e Franco Superchi. Con il Torino, Stanislao Bozzi, nella stagione 1970-71 vinse la Coppa Italia. Una particolarità. Nel famoso album edito dalla Panini-Modena contenente le figurine adesive di tutti i calciatori di Serie A e B, album risalente alla stagione 1970-71, Stanislao Bozzi venne fotografato in quella figurina sulla neve. I calciatori di Serie A vennero fotografati in quella annata per intero, non a mezzo busto. Bozzi è l’unico calciatore ad essere stato fotografato sulla neve. Non ve ne sono altri. La figurina adesiva di Bozzi, da “attaccare” sull’album della “Panini”, nel 1971 era introvabile. Ne vennero stampata pochissime. Molti appassionati non riuscirono a completare la squadra del Torino proprio a causa della difficile reperibilità di quella figurina adesiva. Pochissimi sanno che quella iconica figurina fece il giro del mondo, divenendo famosissima. In nessun altro album dei diversi Paesi europei contenenti fotografie adesive di calciatori, risalente alla stagione calcistica 1970-71, si riscontra un calciatore fotografato sulla neve. Quella fotografia riscosse un particolare successo in Giappone, imponendosi all’attenzione del calcio nipponico. Dopo il positivo esordio in Serie A di Bozzi contro la Fiorentina e dopo la successiva partita da lui disputata il 15 novembre 1970 contro l’Inter di Vieri, Mazzola, Facchetti e Boninsegna, allenata da Giovanni Invernizzi, quell’Inter in quella stagione 1970-71 si laureò Campione d’Italia, la Panini-Modena telefonò al Torino per chiedere con insistenza alla società granata di poter fotografare il calciatore. Il Torino autorizzò la Panini-Modena per effettuare il servizio fotografico, fissando l’appuntamento nella prima mattina del 16 novembre1970, alle ore 9 in punto. La dirigenza granata comunicò nel tardo pomeriggio a Bozzi di essere puntuale e di farsi trovare pronto per gli “scatti”. Quella notte a Torino nevicò. Il mattino seguente il freddo era intenso e la temperatura scese sottozero. Questa la storia figurina in cui l’attaccante sannita è ritratto infreddolito con le braccia conserte. Una figurina divenuta celeberrima e famosa come le sue favolose rovesciate da cineteca.



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