25 aprile: il dovere della memoria viva, non rituale
In un tempo in cui la libertà è spesso data per scontata, c’è una libertà che continua a far paura: la libertà di pensiero.
Viviamo in un mondo che, pur dichiarandosi aperto, tende sempre più a premiare il conformismo, a soffocare il dissenso, a spingere ognuno a pensare “come pensano tutti”. Ma pensare diversamente, con consapevolezza e coscienza, è oggi un atto di resistenza.
Il 25 aprile non appartiene solo alla storia: è un promemoria vivente. È la voce di chi ha lottato per la possibilità di essere liberi, anche, e soprattutto, di pensare con la propria testa.
Non c’è Festa della Liberazione che non arrivi accompagnata da due elementi ricorrenti: la retorica e la rimozione.
La prima veste le celebrazioni di parole solenni, spesso ripetute. La seconda fa sì che il 25 aprile, per molti, si riduca a un giorno segnato in rosso sul calendario, da vivere con distrazione o da evitare con fastidio.
Ma la memoria non è un’abitudine, e nemmeno un rito. È una responsabilità. E, per chi fa informazione, un dovere preciso.
Il 25 aprile non appartiene al passato, ma al presente. È una data che ci ricorda che la libertà non è un’eredità garantita, ma una conquista fragile, esposta all’erosione dell’indifferenza, delle semplificazioni, della cattiva informazione.
Raccontare oggi la Liberazione significa chiedersi da che parte stiamo. E se stiamo ancora dalla parte di chi ha scelto la giustizia, la dignità, il coraggio, pagando spesso con la vita.
Essere liberi oggi significa anche essere consapevoli del privilegio di poter parlare, scrivere, dissentire. E di poterlo fare proprio perché qualcuno, ottant’anni fa, ha scelto di opporsi a un regime che voleva il silenzio.
La libertà di stampa, che troppo spesso diamo per scontata, è figlia diretta della Resistenza. Eppure anche questa, come ogni altra libertà, non è immune da rischi. Si difende solo con l’onestà, la verità e la capacità di restare vigili.
Un’immagine che ho scelto per accompagnare questo editoriale, è quella di una donna che scrive, non è solo un gesto estetico, ma un simbolo potente di resistenza quotidiana. La scrittura, l’atto di mettere parole sulla carta, è l’espressione più alta di una libertà conquistata. Quel “Buon 25 aprile” è un invito a non dimenticare che, ancora oggi, possiamo esercitare il diritto di esprimere i nostri pensieri, di scegliere le nostre parole, di tracciare la nostra visione del mondo. Un atto che ci ricorda come ogni scrittura, ogni pensiero libero, continui a essere un atto di coraggio.
Per questo il 25 aprile, da giornalisti, non possiamo limitarci a riportare cronache o commemorazioni. Dobbiamo fare qualcosa di più: dobbiamo assumerci il compito di custodire il senso profondo di quella Liberazione.
Non celebrarla per nostalgia, ma per necessità. Non ripeterla, ma rinnovarla, con uno sguardo lucido sul presente.
Abbiamo il dovere di essere partigiani della verità, ogni giorno.
Mena Cristiano



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